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INVIATO CITTADINO Abbandonato al degrado, Bucefalo deve tornare alla Rocca Paolina

Il cavallo di Ballerani alla scala mobile di piazzale Bellucci subisce un’ingiusta umiliazione

Bucefalo senza pace. Dal capannone dove fu realizzato alla Cannoniera, dalla Rocca Paolina al Borgo Bello. È tutto uno smontare e rimontare.

Il cavallo di Ballerani alla scala mobile di piazzale Bellucci subisce un’ingiusta umiliazione. Riportare Bucefalo alla Paolina, dove stava benissimo… la richiesta di tanti perugini.

Lo spostamento ai piedi della scala mobile (che da piazzale Bellucci adduce a via Fiorenzuola e da lì a corso Cavour) era funzionale alla realizzazione di un progetto interessante. In quanto quell’opera avrebbe costituito il perno intorno al quale far ruotare un centro d’arte di sicuro appeal. Ce lo spiegò l’Assessore alla Cultura del Comune di Perugia Leonardo Varasano. E ne condividemmo le intenzioni. Ma, al momento, quell’idea latita e intanto l’opera è abbandonata al degrado. Se ne lamenta anche l’autore che ha fatto dono di questo capolavoro alla città. 

FOTO - Il cavallo di Ballerani alla scala mobile di piazzale Bellucci subisce un’ingiusta umiliazione

 

(foto esclusive Sandro Allegrini)

Trascuratezza che si manifesta attraverso una serie di aspetti poco commendevoli.

Primo fra tutti il guano di piccioni che punteggia varie parti del cavallo, le sedute, la pavimentazione a lastre e perfino la targa identificativa. Al punto che sulla testa equina i volatili hanno addirittura fatto la cova.

Senza contare, poi, la maleducazione imperante di chi getta in loco lattine, incarti, pacchetti di sigarette vuoti. Dicono che qualche persona addirittura vi abbia preso albergo, espletando anche nel posto le fisiologiche funzioni.

Così proprio non va. Lo scultore è fortemente turbato dal degrado che affligge il suo lavoro.

Una soluzione possibile, e auspicabile, sarebbe quella che il Comune di Perugia tornasse sui propri passi, ricollocando il cavallo all’interno della Rocca Paolina. C’è chi osserva che la location era ideale. Tanto che delle torme di turisti, indifferenti al Grande Nero di Burri, fotografavano in massa il cavallo di Ballerani. Considerazione che indurrebbe a ricostituire lo status quo ante.

Vedere in tali condizioni un’opera di questa caratura – con un nome glorioso come il cavallo di Alessandro Magno – fa male al cuore. Pensiamo quanto grande sia il dispiacere del suo “fattore”. Un trattamento che, a dir poco, è ingiusto e mortificante.

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