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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Bimbo autistico "rifiutato", il Serafico di Assisi: "Pronti ad accogliere lui e i suoi genitori"

La presidente dell'Istituo, Paola Di Maolo, in un lungo post su Facebook avanza la disponibilità ad assistere il nucleo familiare: "Molto spesso i genitori sono soli, la disabilità non è un costo per la società"

Il Serafico di Assisi è pronto ad accogliere il bambino autistico di 11 anni che la famiglia non vorrebbe più con sé. A manifestare la disponibilità è la presidente dell'Istituto, Francesca Di Maolo, in un post sulla sua pagina Facebook, a commento della notizia riportata dai media nazionali, relativa a questo caso estremo con il quale si è trovato a confrontarsi gli operatori di Casa Sebastiano, in Trentino.

"Leggo ora la notizia uscita sui giornali del bambino autistico di 11 anni "rifiutato dalla famiglia". Ci tengo a dire subito che il Serafico si rende immediatamente disponibile ad accogliere il bambino e a prendersi cura di lui e dei suoi genitori. Come “Casa Sebastiano”, anche noi ci siamo per questo bambino, e per tutti gli altri che come lui hanno bisogno, ancora prima che di un centro di riabilitazione, di essere accolti. Ci siamo per il loro genitori" scrive la presidente Di Maolo.
"Di situazioni di disperazione dei genitori ne conosciamo tante - prosegue - Arrivano al Serafico con uno sguardo che tradisce le ferite dell’anima, poi vedi, in molti casi, pure le ferite del corpo specie quando i loro figli soffrono di gravi disturbi del comportamento. 
Le situazioni sono varie e diverse. Non si può mai generalizzare. Non solo sono diverse le cause del ricovero, ma anche le storie dei nostri figli. Ci sono bambini in affido al Tribunale dei minori, ragazzi che sono diventati maggiorenni senza mai aver trovato una famiglia disponibile all’affido o all’adozione. Ci sono i bambini che hanno perso i propri genitori in situazioni tragiche. Ma ci sono poi tanti figli di genitori straordinari!
Non credo che il Serafico avrebbe percorso 148 anni di storia senza aver sperimentato il coraggio e l’amore di tanti madri e padri. Genitori che sono autentiche fortezze a difesa della vita. Li vediamo ogni giorno combattere per i loro figli con forza e fermezza.
Padri e madri meravigliosi ci hanno insegnato a non arrenderci mai, per i loro figli e per chi una mamma e un papà per tante circostanze non ce l’hanno più. 
Non posso però non osservare che i genitori che incontriamo ogni giorno sono molto spesso soli. Molti di loro arrivano al Serafico dopo aver girato tanti centri e in diverse parti di Italia. Alcuni di loro lasciano il lavoro per seguire i loro figli, altri si trasferiscono dalle loro città ad Assisi. Paola, la mamma di Elena, in una bellissima lettera che ci ha inviato e che poi ha reso pubblica, ci ha confidato con queste parole le sue difficoltà: 'Io e tutte le altre mamme che vivevano la mia stessa situazione, abbiamo dovuto improvvisarci infermiere, assistenti alla persona, farmacologhe, educatrici, operatrici sanitarie, psicologhe, guardie del corpo… e quando la stanchezza ce lo permetteva, ci ricordavamo di essere anche madri'. 
Oggi le famiglie dei ragazzi disabili vengono percepite come un costo - aggiunge ancora - come una voce a carico delle risorse pubbliche. Ma si tratta di una prospettiva totalmente sbagliata. La famiglia, e ancora di più la famiglia colpita dalla malattia, dalla disabilità, o da altre problematiche è una risorsa strategica per lo sviluppo. La famiglia è capace di intraprendere, di patrimonializzare, di risparmiare, ma anche di curare, di assistere e di sostenere. La burocrazia, i limiti di spesa, i continui tagli nella sfera della salute e della cura e un welfare ormai obsoleto che continua ad erogare prestazioni standard verso risorse standard, ci stanno facendo perdere di vista la grandezza della vita. Dobbiamo uscire dalla visione assistenzialistica. Prendersi cura della vita più fragile è quanto di più generativo e prezioso che una società possa fare. La custodia della vita ci riguarda tutti e non può essere delegata esclusivamente alle istituzioni".  
"Le persone che vivono una fragilità hanno bisogno di compagni di viaggio, soprattutto quando la sofferenza umana morde crudelmente e le giornate diventano lunghe e difficili - conclude - Trovare delle persone “umane” che sappiano sentire il sentire dell’altro a volte è più importante di qualsiasi “terapia” ed è la strada maestra per ricucire una società ferita.

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