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Da Assisi a Loreto, il pellegrinaggio contro le dipendenze dei ragazzi della Comunità Papa Giovanni XXIII

Le testimonianze dei giovani caduti nella droga e che oggi invece stanno lottando per una vita nuova

Una decina di persone, fra ospiti operatori e simpatizzanti della comunità terapeutica di servizi per persone con problemi di dipendenza patologica San Giuseppe di Castel Maggiore, Bologna, sono in cammino da Assisi a Loreto lungo la via Lauretana. Il pellegrinaggio si inserisce fra le iniziative per le giornate dell'indipendenza, organizzate da Comunità Papa Giovanni XXIII, Azienda Usl di Bologna, in collaborazione con istituzioni ed enti locali tra i quali il Comune di Bologna e l'Arcidiocesi di Bologna. I partecipanti, partiti il 15 giugno, arriveranno domani 22 giugno a Loreto, per la seconda edizione di Sogna e cammina.

"I ragazzi si aprono — spiega Paolo Benassi, l'educatore che li accompagna — alle possibilità positive di rinascita che troveranno nella loro vita, scoprendo nel cammino l'esperienza e la costanza che sono necessarie per portare avanti le proprie scelte anche quando sono difficili. Siamo ospitati gratuitamente da famiglie e case famiglia; nell'aprirci le porte testimoniano il tema della gratuità. Per chi ha un percorso di dipendenza alle spalle questi incontri sono esperienze molto significative".

Lo conferma Samuel (nome di fantasia): "Nella mia vita non ho mai avuto la possibilità di vedere posti meravigliosi come questi, ma quello che più mi ha colpito è lo spirito di accoglienza di quanti ci accolgono e si prendono cura di noi. Sto scoprendo quanto sia possibile dare senza ricevere". Samuel, figlio di genitori tossicodipendenti, si era trovato a fumare le prime canne all'età di 13 anni, per passare all'eroina all'età di 18 anni a causa delle pressioni di fantomatici amici. Da circa un anno ha iniziato il percorso nella comunità terapeutica.

È in cammino anche Lorenzo (nome di fantasia), 29 anni, arrivato 5 anni fa dal Venezuela. La sua rovina è stata l'alcol, riscoperto soprattutto durante 2 anni vissuti in Italia senza poter lavorare, di attesa della regolarizzazione dei documenti. "Il calore umano che sto incontrando lungo la strada in questi giorni continua a sorprendermi, mi riporta con la memoria alle esperienze d'infanzia della mia casa natale" racconta.

La più grande assenza nella sua vita è stata la figura del padre, che a fatica ha imparato a perdonare : "Mia mamma non mi ha mai insegnato il rancore. Ma In Italia nei momenti di crisi iniziai a mescolare medicinali insieme alle sostanze alcoliche. Più volte ho tentato il suicidio. Mi sono salvato grazie a Dio e ad alcuni poliziotti che mi hanno fermato in stazione, poi mi sono riavvicinato alla fede. Adesso sto iniziando un'esperienza lavorativa nella cooperativa La Fraternità della Comunità Papa Giovanni XXIII: mi hanno dato un'occasione di crescita e di potermi mettere in gioco, nelle mie responsabilità".

 

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