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"Fu Mario Torelli a suggerirmi lo spunto per il mio primo romanzo". Il ricordo dello scrittore Santi Parlagreco

Nel trigesimo dalla scomparsa dell'archeologo si riporta un aneddoto che lo riguarda che dimostra la cultura e la spiccata umanità

Nel trigesimo dalla scomparsa del grande archeologo Mario Torelli, ci piace riportare un aneddoto che lo riguarda. A dimostrazione del fatto che le qualità di elevata cultura non sono mai disgiunte da doti di spiccata umanità.

“Fu Mario Torelli a suggerirmi lo spunto per il mio primo romanzo”, ricorda l’ingegnere-scrittore Santi Parlagreco.

Abbiamo commemorato con rammarico la scomparsa del grande archeologo e, con l’occasione, l’amico scrittore Santi ci ricorda un particolare finora inedito. Ossia che l’input per il suo primo romanzo, “Il bronzo insanguinato” – edito da Morlacchi nella collana “I vicoli del giallo” nel 2008 – sarebbe disceso da uno spunto, venuto da una chiacchierata con Mario Torelli, conosciuto quando l’ingegnere siciliano era dipendente dello Studium perusinum.

Oggi Parlagreco è divenuto editore con la sigla Sarapar (anche se titolare dell’editoriale è la figlia Sara), ed è autore prolifico di narrativa e di teatro, ma ha piacere di ricordare il suo debutto in campo letterario, segnatamente nel noir.

Racconta: “Ebbi la sfrontatezza di presentarmi nello studio del professore Mario Torelli, etruscologo di fama mondiale. Stavo per bussare, quando uscì e mi riconobbe. M’invitò a prendere un caffè al bar Morlacchi”.

Non è un caso che il commissario Serafino, il Maigret di Parlagreco, immaginato residente in via della Pernice, abbia come “succursale” del suo ufficio, e “pensatoio”, proprio il noto bar Morlacchi sull’omonima piazza.

Prosegue Parlagreco: “Durante il tragitto, comunicai al professor Torelli che avevo scritto il mio primo giallo ambientato a Perugia, dove ipotizzavo un fiorente mercato clandestino di reperti etruschi”.

Naturalmente, Santi chiese una consulenza domandando a Torelli: «Può indicarmi un reperto etrusco di inestimabile valore?». L’etruscologo rispose: - «Ercole con la clava, che si trova alla Galleria Nazionale dell’Umbria. La statuetta è di bronzo. Si tratta di un oggetto d’arte di pochi centimetri, ma di inestimabile valore, sia per il soggetto che per la raffinatissima fattura» [incidentalmente, ci corre l’obbligo di ringraziare la studiosa Marina Bon Valsassina che si è adoperata per farci avere l’immagine in pagina].

Prosegue nel racconto Parlagreco: “Usciti dal bar, mi fa Torelli: «Devo andare dal dentista!» Imperterrito, propongo «Posso venire?», avendo voglia di proseguire la chiacchierata. Il professore mi fece segno di sì. Allora gli confidai che avevo consultato numerosi libri di etruscologia, non avendo capito gran che del carattere degli etruschi. Torelli si fermò fissandomi, alla sua maniera fra l’ironico e il complice, e disse: «Non si sa niente degli Etruschi. Se vuoi scrivere qualcosa su di loro, scrivi solo fantasie»”.

Questo il curioso resoconto di Parlagreco. Che non esita a sottolineare: “Torelli sapeva così tanto su quel popolo, da averci dedicato una vita di studio e di lavoro, avendo scritto i libri più illuminanti sulla loro storia. Ma mi fa piacere che, per così dire, avesse inteso lasciare a briglia sciolta la mia fantasia”.

Conclude: “Sono ormai trascorsi dodici anni e ricordo tutto di quel giorno”. E a PerugiaToday fa piacere condividere questo ricordo sulla grande affabilità di Mario Torelli, ritenuto a torto un burbero, ma invero capace di slanci improntati a umanissima disponibilità.

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