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INVIATO CITTADINO Alvaro Chiabolotti, quelle volte in cui la scampò per il rotto della cuffia

Gran lavoratore dell’edilizia, muratore e imbianchino, poi divenuto personaggio in vista del settore immobiliare (solo a Nizza si dice abbia costruito oltre seimila appartamenti)

Quelle volte in cui la scampò per il rotto della cuffia, Alvaro Chiabolotti, il perugino emigrato in Francia, che costruì – a Ponte San Giovanni – gli Apollo… e tanto altro.

Parliamo di Alvaro Chiabolotti, gran lavoratore dell’edilizia, muratore e imbianchino, poi divenuto personaggio in vista del settore immobiliare (solo a Nizza si dice abbia costruito oltre seimila appartamenti).

Tornò dalla Francia – riferisce Umberto Garofoli nel suo “I racconti del Ponte” – con un’auto americana, una Chevrolet Camaro, che faceva 5 chilometri con un litro. Al distributore di via Manzoni la spegneva, per prudenza e… per non svuotare velocemente il serbatoio.

Chiabolotti aveva ottenuto anche il brevetto di aviatore e girava con un piccolo aereo che insegnò a pilotare anche al figlio Georges Pierre (nato a Nizza, ma italiano fino al midollo), quando il rampollo aveva una decina d’anni.

“Una volta – racconta George in un momento conviviale – all’epoca in cui facevo la scuola media, mentre andavamo a Pisa, mi lasciò solo ai comandi, si mise ad ascoltare la musica alla radio (cosa proibitissima dai protocolli) e si addormentò”.

“Mi divertivo – aggiunge – a salire e a ridiscendere quando, a un certo punto, notai dei cilindri di fumo regolari che volli attraversare. Comunque, nell’incertezza di cosa fossero, svegliai il babbo che si collegò con la torre di controllo e scoprì che eravamo entrati nella zona aerea di un’esibizione delle Frecce Tricolori”. Roba da galera. “Il papà prese i comandi e svicolò, nel tentativo, riuscito, di sfuggire ai radar. La scampammo bella: poteva accadere una catastrofe”.

Un’altra volta andò pure meglio. La racconta Garofoli e la testimonia il figlio Georges.

Venuto da Nizza e atterrato a S. Egidio, Alvaro si preparava a recarsi a Trapani. Una controllata al carburante, una misurazione della distanza in linea d’aria sulla cartina e via. Solo che, a un certo punto, fuel, la lancetta del carburante andava verso lo zero e la mèta era ancora lontana.

“Tutto dipendeva – racconta George – dal fatto che le misure erano state prese non su una cartina aeronautica, ma su una normale carta geografica, dove le distanze non sono realistiche e le isole maggiori sono sensibilmente avvicinate al continente, per farle entrare nello spazio tipografico della pianta”.

A questo punto, Alvaro e il suo passeggero, Giancarlo, decisero di librarsi più in alto possibile e di planare col solo volo aliante. Ma ecco intervenire la Dea Fortuna: si distinguevano, in lontananza, dei prati con grandi macchie bianche. Pecore o mucche, pensarono i due. E là si orientarono.

Ma il fatto è che, avvicinandosi al suolo, si accorsero che, anziché animali, si trattava di minerali: ossia degli spuntoni di roccia chiara. Come fu, come non fu, l’aereo atterrò, sfasciando il carrello e la parte inferiore, ma salvando la vita ai due ardimentosi (e poco scrupolosi) aviatori.

Si vede che, come si dice, non era ora. Alvaro sarebbe deceduto, l’11 giugno 2011, non in aria, ma in un banalissimo incidente stradale, tra Ellera di Corciano e Solomeo.

Questa avventura aerea, e tante altre, visse lo spericolato costruttore, amato e ricordato al Ponte. Ma anche caro agli amanti del pugilato, grazie alla sponsorizzazione, e all’amicizia, col campione del mondo Gianfranco Rosi, gloria perugina dei guantoni.

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