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INVIATO CITTADINO Come ti accolgo i ragazzi stranieri, integrandoli con la conoscenza in pillole della Vetusta

Questo il senso di un progetto di accoglienza e integrazione nella bella location cittadina della piazzetta Ruggero Puletti, di fronte al Palazzo Gallenga-Stuart e a un tiro di schioppo dall’Arco Etrusco

Torgiano. Come ti accolgo i ragazzi stranieri, integrandoli con la conoscenza in pillole della Vetusta.

Questo il senso di un progetto di accoglienza e integrazione nella bella location cittadina della piazzetta Ruggero Puletti, di fronte al Palazzo Gallenga-Stuart e a un tiro di schioppo dall’Arco Etrusco.

Un gazebo, una snella compagine di educatori appartenenti alla Tamat, organizzazione non governativa riconosciuta dal Ministero Affari Esteri (MAECI) e dalla Agenzia della cooperazione italiana (AICS). Varie e internazionali le sue operatività. Stavolta l’abbiamo incontrata nei suoi rapporti con la scuola. 

FOTO - Come ti accolgo i ragazzi stranieri, integrandoli con la conoscenza in pillole della Vetusta

Gruppi di ragazzi delle medie, coordinati da educatori, sono impegnati in una caccia al tesoro che ha per oggetto l’individuazione di luoghi identitari di Perugia. Specialmente nell’acropoli che questi preadolescenti, dagli 11 ai 14 anni, percorrono con entusiasmo, valendosi di cartine e foto, orientandosi, confrontandosi. Discutendo e divertendosi. Dando pratica attuazione al brocardo “ludendo discitur”.

Sono in parte ragazzi di famiglie straniere che hanno fruito di ricongiungimenti familiari. Fra loro anche qualche soggetto sfuggito alla guerra che tormenta e disonora l’Europa.

Quale modo migliore per inserirsi che quello di fraternizzare, nel nome e nella ricerca delle radici della città fondata da Euliste? Parlando un po’ perugino, ch’è “bulo”!

Questo debbono aver capito i membri della Associazione che si fa carico dell’impresa educativa. In un progetto condiviso dai docenti e dai dirigenti. Per integrare momento umano, sociale, culturale. Come dovrebbe sempre essere.

Una mattinata diversa. Con borracce e magliette griffate e donate generosamente. Una prova provata che insegnare non significa vasi da riempire. Ma fiaccole da accendere. In quei ragazzi (e nei loro educatori) abbiamo visto entusiasmo. Parecchio.

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