ABA. I martedì critici di Tiziana d’Acchille e Alberto Dambruoso mettono sotto la lente l’artista (perugino, di livello internazionale) Giuliano Giuman. Siamo nella Sala Ercole Farnese, nel complesso conventuale di San Francesco al Prato.

La parola all’artista. Questa la filosofia – spiega Dambruoso – che ispira questo speciale contenitore alternativo, rispetto alle gallerie, ai critici, ai collezionisti, al business collegato.

Aprire un dibattito attraverso una discussione che aiuti a conoscere i percorsi personali, a comprendere la poetica, le tecniche… i sogni dei protagonisti.

Perché se è vero, con Calderòn che la vita è sogno. È pur vero che i sogni di un artista possono farsi visioni collettive, speranze, prospettive condivise.

Dunque, un dibattito critico accessibile anche al pubblico, che risponde numeroso e interessato.

Tiziana d’Acchille (condivide con Giuman l’esperienza di direttrice dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”) esordisce definendo Giuman come “l’Artista più significativo del panorama umbro”. Accreditato da un percorso punteggiato da interventi critici di apprezzamento che vanno da Dorfles a Crispolti.

Con lei Dambruoso, che ne condivide il giudizio e risale, per li rami, al comune discepolato da Maurizio Calvesi.

Giuman non si fa pregare e sciorina ricordi e immagini, proponendo clip e aneddoti, sgomitolando percorsi che vanno dal plexiglas al vetro a gran fuoco, col colore sprigionato dal calore. Tutto in un clima di forte suggestione e sentita complicità.

I rapporti con Dottori e Ribustini. E poi le domande sul rapporto con Dottori e col “nonno” Ulisse Ribustini (e il nipote Giuseppe), comune ascendente dello stesso aeropittore che ne fu a sua volta allievo in Accademia.

Un incontro di quelli che fanno volare il tempo. Con l’arte che rende tangibili perfino le realtà invisibili. Anche quelle dell’anima. Che è poi il suo compito.