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INVIATO CITTADINO Commemorazione dei defunti, quella lapide al Manu per la morte di un bambino

Il piccolo si chiamava Tito Flavio Hermes “che il Fato non volle far vivere più a lungo”. Ed era la delizia dei genitori, dei nonni, dello zio

Oggi 2 novembre, commemorazione dei defunti, è bello citare quella lapide al Manu. L’iscrizione ricorda la morte di un bambino di soli due anni. Lo strazio dei genitori è condito di spigolature che propongono un’immagine familiare di singolare freschezza.

Il reperto viene proposto dalla direttrice del Museo, Maria Angela Turchetti, che ne suggerisce la versione italiana. Non senza rilevare che si tratta di un latino colloquiale, perciò lontano da quello ciceroniano. Circostanza spiegabile anche col fatto che siamo alla tarda latinità, quella di tre/quattro secoli dopo Cristo.

Il piccolo si chiamava Tito Flavio Hermes “che il Fato non volle far vivere più a lungo”. Ed era la delizia dei genitori, dei nonni, dello zio.

Riportiamo la versione dell’epigrafe proposta dalla direttrice. Un dettato poetico, stupendo, capace di commuovere anche oggi, facendoci condividere l’eternità dell’umano dolore.
“Qui è sepolto Flavio Hermes, che il destino non volle far vivere a lungo; che scelse di lasciare la luce piuttosto che rendere grazie ai suoi. Ha deriso sua nonna perché le diceva che si sarebbe preso cura di lei e sarebbe stato il suo bastone nell'estrema vecchiaia. Deluse il fratello del padre perché era troppo dolce con lui; incantava il nonno con una voce minuta, tanto che tutti i vicini dicevano: Oh dolce Tito!

Mentre accadevano queste cose, i giovani genitori furono improvvisamente colpiti dalla sua morte.
Eppure ha vissuto i suoi due anni quasi come se ne avesse vissuti sedici, tale infatti era la sua assennatezza, come se stesse per avvicinarsi alla morte. Perciò dico a te, che non conosci la dolce voce di un figlio: non voler rimanere, desideroso di una pena così atroce”.

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