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Umbria Jazz, quel magico incontro tra il Giappone e l’anima latina al Santa Giuliana

Grande incontro musicale all’Arena Santa Giuliana: la pianista giapponese Hiromi, considerata una stella del jazz insieme all’arpista colombiano Edmar Castaneda

Una serata magica. Eclettica. Sul palco dell’Arena Santa Giuliana due universi musicali danno vita a un concerto raffinato. Composto, inedito. Stiamo parlando di quell’insolito quanto azzeccato incontro tra il Giappone, con il piano della Hiromi, e la Colombia di Castaneda. E la sua arpa.

Siamo alla quinta giornata di questa straordinaria edizione di Umbria Jazz che quest’anno ha prediletto un ritmo meno “frenetico”, di solito riservato ai celebri nomi mondiali pop, per accostarsi a una scelta soft incline a un pubblico esigente. Ma senza tralasciare la sua vocazione alle molteplicità dei generi musicali.

Jazz, sì. Ma con armonie che non ti aspetti. Perché questa volta a fare da padroni alla scena sono due talenti indiscussi nel panorama musicale che riescono a fondersi come due amanti di lunga data in una torrida sera d’estate. C’è fuoco, vibrazione, c’è energia. E c’è un pubblico attento e ipnotizzato da questo accostamento di due universi all’apparenza lontani, ma mai così uniti. Come solo la musica sa fare.

 La Hiromi, formatasi al prestigioso Berklee College of Music di Boston, è considerata una stella del jazz; allieva prediletta del celebre pianista Ahmad Jamal, che ne riconobbe un talento straordinario, ha già suonato, all’età di 35 anni, con il pianista Chick Corea oltre che nei più prestigiosi Jazz Festival del mondo. Cara al jazz fusion di “coreana” memoria, sa fondere jazz e free jazz tradizionale con elettronica e sonorità orientali, sua più grande peculiarità. Memorabile fu il concerto, proprio ad Umbria Jazz 2011, con il suo mentore Ahmad Jamal.

Ad avvicinarsi e sfiorare le corde del suo pianoforte c’è lui, Edmar Castaneda. Impossibile non spendere qualche parola sulla fine interpretazione di questo straordinario arpista colombiano; Castaneda non solo è riuscito ad elevare l’arpa a strumento solista nel jazz, ma ne ha creato una personalissima visione musicale, accostando la dimensione latin jazz al folklore della sua terra.

Il prodotto non può che uscirne di rara bellezza: un jazz dalle tinte forti della sua Colombia, marrone, magenta, calde, assetate. Ci sono dentro i colori delle Ande, la morbidezza del suono dell’arpa, la vigorosità delle sue dita che scorrono a tratti swing lungo lo strumento. Accanto al fiore di loto del pianoforte giapponese, il tutto scorre vibrante, armonioso e affine. Già acclamati al Blue Note di New York, il risultato è stato tale da convincerli a dare seguito a questa “strana” fusione che stasera, mercoledì 12 luglio, ha dato vita a un concerto dalla fine quanto talentuosa interpretazione, ma capace di guardare oltre i limiti. Oltre i confini. Non solo musicali. 

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