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Ritorno al passato di Umbria Jazz, calo di presenze: "Adesso si punta su edizioni pure"

Umbria Jazz cala il sipario. Il bilancio di chiusura con il patron Carlo Pagnotta, l'assessore alla cultura Fernanda Cecchini e il sindaco Andrea Romizi

Un bilancio chiaro. Netto. Quello fatto dagli organizzatori di Umbria Jazz che hanno iniziato nella conferenza stampa di chiusura con il classico ringraziamento agli sponsor. È stata descritta come un'edizione pura quella di quest'anno. Pura come negli ultimi anni la nota kermesse perugina non era più stata. A sfilare sono stati i grandi i nomi. Un cambio di rotta che ha allontanato la manifestazione di patron Pagnotta da un commerciale che richiamava un pubblico ben lontano dalle volontà iniziali. Non è un caso quindi che abbiano deciso di puntare su Wayne Sharter. In tutto 2300 gli spettatori accorsi all'Arena Santa Giuliana per vedere la grande stella suonare. Una piccola confessione a margine però c'è stata: "Doveva venire Sting, ma a fine luglio era impossibile inserirlo nel programma".

UMBRIA JAZZ, Pagnotta contro tutti: "Per avere grandi nomi servono le strutture"

La nostalgia rimane. Tante le sedie vuote in altre serate. Perché, diciamolo pure, il jazz è un genere di nicchia. Per pochi cultori che conoscono il genere. Ma per Pagnotta “è giunto il momento di cambiare. Di dare al festival una fase nuova”. Di tornare, quindi, al passato. Lo stesso in cui Keith Jarrett, ancora sconosciuto, suonava in piazza IV Novembre circondato da un fiume di gente o il genio di Charlie Parker veniva idolatrato da una folla impazzita. Negli ultimi anni c'è chi aveva storto il naso davanti al cambio di rotta dell'organizzazione, criticando il suo volersi omologare. Il suo richiamare nomi internazionali che con il Jazz c'entravano poco o niente. Vedendo il programma, in molti, già sapevano che i biglietti venduti non avrebbero neanche lontanamente sfiorato gli anni precedenti. E questo in parte è stato vero. Ma è altrettanto vero che Umbria Jazz ha retto a purezza, terremoto e attentati. Detto questo, l'organizzazione ha comunque promesso che continuerà a valutare la sostenibilità di grandi eventi, anche al di fuori del jazz "ortodosso", per aggiungere altre star al suo già ricco percorso artistico. Del resto il concerto di ieri sera, Brian Wilson per i 50 anni di Pet Sounds, conferma una strategia artistica che fa parte del DNA del festival.

A fare la differenza per Pagnotta anche il festival dei due mondi di Spoleto (guarda il video). Le dati hanno coinciso e sicuramente hanno fatto la differenza. Ma Il dato forse più sorprendente, ed assolutamente positivo, è che anche in assenza di un "fenomeno Mika" UJ si conferma evento social. Circa 2 milioni gli utenti che hanno visualizzato i contenuti di UJ17, con più di 60 eventi documentati dal vivo e raccontati dai canali social di UJ attraverso oltre 400 post, tweet e foto. Su Facebook  quasi 500.000 interazioni e 100.000 tra like e condivisioni, con la pagina ufficiale che ha raggiunto i 109.000 likes. I video live hanno avuto quasi un milione di visualizzazioni con oltre 30 ore di diretta streaming. Grande coinvolgimento anche degli artisti, che hanno commentato, retwittato e condiviso contenuti sui propri canali social. Il sito internet www.umbriajazz.com ha fatto registrare circa 100.000 visite e 500.000 visualizzazioni.

Non va inoltre dimenticato che durante il festival si sono stretti legami più forti con aree ed istituzioni della Cina che porteranno a manifestazioni ed eventi di Umbria Jazz in quel Pese in autunno. Quest'ultimo punto ribattuto più volte dall'assessore Fernanda Cecchini. La via della seta ora passa anche per la musica. Non va neanche  dimenticato che proprio l'attività internazionale del festival nella promozione del jazz e della cultura italiana all'estero è uno dei punti fondamentali della legge, approvata alla Camera e presto in discussione al Senato, che riconosce a Umbria Jazz il ruolo di manifestazione di interesse nazionale. 

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