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Palazzo della Penna, Stefano Ragni spiega e fa amare la Bohème di Puccini

La lezione di ieri è stata un prototipo di affabulazione intorno alla genesi e al linguaggio di un capolavoro

Stefano Ragni, al Salone Apollo in Palazzo della Penna, spiega – e fa amare – la Bohème di Puccini. Perché l’opera lirica è un giacimento culturale che va esplorato sotto la guida di un Maestro. E Stefano è uno dei pochi da ascrivere alla categoria di quelli che meritano la lettera maiuscola.

La lezione di ieri è stata un prototipo di affabulazione intorno alla genesi e al linguaggio di un capolavoro. E Puccini è stato uno dei più grandi poeti della drammaturgia musicale, padrone di strumenti e saperi modernissimi, spesso celati sotto il velame della tradizione.

“Un capolavoro – spiega Ragni declinandone il ventaglio cronologico – che va da Natale a Natale”.

E il grande pedagogo, intriso di cultura umanistica e laicissimo spirito umanitario, invita l’uditorio a immaginare come sarà stata la notte di Natale, a Perugia, per i numerosi studenti fuori sede. Giovani che, nella misura del 60%, non appartengono a una cultura cattolica, ma che si scambiano sapori e saperi in un pub di via Pinturicchio, vero crocevia di culture. Come la Stranieri, dove giungono ad apprendere il nostro sapere, a tasche vuote e spirito libero. Né più né meno dei giovani bohémiens di quell’opera immortale.

Se la prende – Ragni – con Adorno e con la sua supponenza che gli fecero relegare in un angolo la “sciacquatura di piatti” della musica pucciniana. E questo per molti anni finché, solo e per primo, il sociologo Franco Ferrarotti si fece carico dell’ardore e dell’ardire di contraddire la Scuola di Francoforte, nei suoi fondatori come nei suoi epigoni. E fu un’operazione culturale e politica da applaudire a scena aperta.

Partendo dal romanzo "Scènes de la vie de bohème" di Henri Murger, alla rielaborazione di Giacosa e Illica, fino alla scrittura musicale di Puccini, Ragni ci apre il cervello, gli occhi e il cuore alla comprensione piena del capolavoro pucciniano. Non senza la solita verve, gli spunti ironici e autoironici, punteggiati di riferimento all’attualità, in modo rigoroso e mai banale.

Una lezione magistrale, letteralmente bevuta dal pubblico in sala. È innegabile: Stefano Ragni, uomo di vasta e generosa cultura, è una risorsa che si mette sempre a disposizione della città. Toccherebbe fargli un monumento. In vita.

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