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L’arte contro ogni violenza di genere, intervista al Maestro Davì Lamastra

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, la Sala delle Volte ad Assisi ospita una delle opere contemporanee più ambiziose e visionarie: Requiem4Maripoas. PerugiaToday ne ha parlato con il Maestro Davì Lamastra, cuore e mente dell'opera oltre che volto eclettico ed affermato della scena artistica internazionale

Una lucida ed ambiziosa presa di coscienza sulle grandi possibilità del linguaggio artistico, che possa accondiscendere un dialogo ed una compartecipazione sentita della collettività; Requiem4Mariposas, esposta alla Sala delle Volte fino a martedì 10 marzo, veicola, attraverso una modalità narrativa visionaria ma al contempo globale, un messaggio, una finalità, che prescinde la propria autoreferenzialità di opera d’arte.

Ispirata e dedicata alla tragica storia delle sorelle Mariposas, uccise il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Domenicana per mano del dittatore Rafael Leonidas Trujillo, e divenute simbolo, malgrado misconosciute in Europa, della violenza contro le donne, l’opera di Lamastra assurge il carattere universale di una vero e proprio museo della memoria, attivo solo attraverso il contributo delle persone che si costituiscono “parte civile” di una battaglia che deve ancora essere sconfitta.

Ecco che allora Requiem4Mariposas si costituisce nel suo divenire, attraverso un processo di accumulazione di nomi di donne uccise, che trovino memoria e voce attraverso le “firme” di tutti coloro che vogliano dare il proprio rifiuto alla violenza. Le fondamenta dell’opera sono le date anagrafiche ed i nomi delle vittime trattati come elementi compositivi dal punto di vista cromatico, visuale, sonoro e musicale; un’opera d’arte “totale”, intermediale, che fonde, attraverso l’intreccio strutturale di elementi video, grafici, matematici, letterari, pittorici e musicali, un impianto drammaturgico espressivo quale fotografia della violenza ed una preghiera laica, corale.

PerugiaToday ne ha parlato con il Maestro Davì Lamastra, eclettico compositore ma sfuggevole di qualsivoglia classificazione; nella sua lunga carriera artistica, ha collaborato con eccelsi nomi quali Luciano Berio, John Cage, Brian May, Ravi Shankar, Dario Fo, Tonino Guerra e Milva.

Maestro, come nasce l’idea di un’opera così ambiziosa e mondiale contro la violenza sulle donne?

“Tutto prende vita da una promessa fatta tempo fa. Mi trovavo nella Repubblica Domenicana ed ebbi la fortuna di conoscere la quarta delle sorelle Mirabal, soprannominate Mariposas, Dedè. Facemmo un patto: lei mi avrebbe raccontato la tragica storia dell’assassinio di Patria, Minerva e Teresa, fornendomi informazioni ed io avrei trovato la formula per raccontare la sua storia. Sono sempre stato appassionato dell’”assurdo” inteso come sfida, ed è così che è nata l’idea di girare il mondo per tramandare la loro memoria attraverso il linguaggio a me più congeniale, quello multilinguistico. Inoltre ho intenzione di raccogliere tutti i nomi dei massacri femminili nel mondo. Per dare un nome anche a quelle donne che un nome non ce l’hanno più”.

Requiem4Mariposas è un vero e proprio memoriale articolato in 25 pannelli, una sorta di polittico intermediale che, per essere completato, ha bisogno del contributo delle persone. Ce ne può parlare?

“Si, è così. Il primo pannello, chiamato Firmaemento, si basa sull’accumulazione di firme metaforiche, quasi un registro funebre. Le persone, per firmare, devono registrare l’audio della voce associando il proprio nome ad una delle tre sorelle Mariposas che vogliono ricordare. La formula, quasi un mantra, recita: “Io, Mario Rossi, non mi ricordo di Teresa Mirabal”. Quel ‘non ricordo’, generatore di un paradosso, accondiscende in realtà ad un atto di coraggio e di rifiuto contro il massacro. Ma anche di non allinearsi alla tendenza attuale di ricordare i massacri solo nel giorno della memoria. Ogni giorno, è il 25 novembre, data dell’uccisione delle sorelle e simbolo contro la violenza di genere”

Quante adesioni o firme, da parte della collettività, sono state raccolte?

“Molte, moltissime, anche se per ora il numero delle vittime è superiore alle firme. Questo, considerando che non era mai stato svelato quasi nessuno aspetto dell’opera, e non è neanche facile far passare il messaggio quale fotografia della fotografia della violenza. Oltre alle persone, primi cittadini, abbiamo avuto adesioni anche dal mondo della cultura e dello sport. Quest’ultimo, in particolare, a livello mondiale, sta aderendo tantissimo. All’opera inoltre stanno contribuendo molti artisti tra cui Graziano Rey, con cui sto realizzando un altro pannello che sarà finito entro il 2015”.

Perché ha scelto l’Umbria, in particolare la città di San Francesco, per presentare il Requiem?

“Ritengo che Assisi sia tra le più belle città del mondo, si respira pace anche dalle pietre. San Francesco inoltre è una delle figure di riferimento dei testi che verranno utilizzati nel Requiem. Ma la figura del santo e la Basilica sono anche i luoghi più intrisi di sacralità e l’opera, in fondo, è una preghiera corale”.

Quanto è importante, secondo lei, il contributo dell’arte nel sensibilizzare a problematiche così forti come la violenza?

“L’arte può arrivare a far sentire la propria forza, direttamente o meno, muovendo le emozioni. Credo che, la musica in particolare, ‘costringa’ lo spettatore a prendere atto che una, due, tre, cinquanta voci possano coesistere insieme, ma per ascoltarle, bisogna stare in silenzio. Imparare ad ascoltare significa abituarsi al dialogo che inevitabilmente, allontana dallo scontro. La violenza è sempre impossibilità di dialogo e l’arte, in questo, gioca un ruolo quasi educativo nell’apprendere l’importanza dell’ascoltare per poter dialogare”.

Requiem4Mariposas è un ‘opera work in progress. Quando si concluderà?

“Quando non ci saranno più donne ammazzate”.

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