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Una "fusion" così non s’era mai vista... scultura, pittura e musica, gastronomia, cultura e socialità in efficace sintesi all'Artemisia

Un mix di forte significato valoriale, un trionfo di musica e colori all’Artemisia, il centro culturale di Giuseppe Fioroni, artista e mecenate di lusso della Vetusta

Una “Fusion” così non s’era mai vista: scultura, pittura e musica, cultura e socialità e… gastronomia, dovuta a una generosissima Ambra Marconi. Un mix di forte significato valoriale, un trionfo di musica e colori all’Artemisia, il centro culturale di Giuseppe Fioroni, artista e mecenate di lusso della Vetusta.

Cosa chiedere di più? La mostra “Fusion” di Mauro Tippolotti e Paolo Ballerani ha mostrato come due artisti di singolare caratura possano non solo convivere, ma realizzare lavori a quattro mani. Senza emulazione, senza quell’invidia fin troppo diffusa fra gli artisti. È il caso di ricordare, come opera semplicemente strepitosa, il mastodontico cavallo alla Paolina?

Concerto di vaglia, a coronamento di una mostra che resterà indelebile nelle menti e nei cuori di chi ha avuto la sorte di vederla.

Ad accogliere gli ospiti, numerosi e qualificati, oltre ai padroni di casa, Giuseppe Fioroni e Rita Giacchè, l’eccezionale Antonella Falteri (la Mina perugina) e il tastierista Massimo Pucciarini, uomo-orchestra per antonomasia.

Se non m’inganna l’affetto che da privato (oltre che da Inviato Cittadino) nutro per entrambi, ricorderò che Antonella è una cantante fenomenale e versatile, capace di muoversi con disinvoltura fra i generi e gli stili, con doti di musicalità e improvvisazione uniche. Un repertorio in grado di dare dei punti ai più affermati beniamini del canto internazionale. Uno slalom sul pentagramma da campionessa di discesa libera.

La conosco da quando, ragazzina, si esibiva al dancing “Da Italo”, a Montebello. E la gente di tutte le età accorreva per sentirla e applaudirla. Antonella non ha cercato la proiezione nazionale, ma ha scelto gli affetti, la famiglia (ha due figlie, stupende donne e artiste, dalla pittura, alla grafica, al doppiaggio). E, specialmente, ha scelto di legarsi alla città: la sua Perugia. Ha scelto Paolo, al cui fianco sta da tanti anni con amore e dedizione immutati. Ma resta una singer con voce eccezionalmente limpida e potente, come la sentivo 40 anni fa. Non un’incrinatura, un’estensione con un fiato e una tenuta incredibili. Anche quando arrochisce, volutamente, per marcare il tono da blues.

Di Massimo Pucciarini (anzi: “Pucciarini Massimo”, come stava scritto nel registro di classe) posso solo dire che lo conosco da quando aveva undici anni. Gli fui insegnante in quel di Ponte Pattoli, dove faceva le medie. Ci divertivamo, nel pomeriggio, a passeggiare sul giro di Do con una chitarrina da quattro soldi. Me lo sono ritrovato adulto, musicista eccezionale, sempre notevolmente modesto. Mi ha detto, ieri: “Prof, quando porta la chitarra e ci facciamo una sonatina?”. Accanto a Massimo, oggi, mi sentirei come uno sciancato vicino a un velocista. Né ho meriti da rivendicare: si è formato, con studio e impegno, tutto da solo.

Ma è stato bello vede, e ascoltare, all’Artemisia quella musica, in singolare sintonia con le opere di Tippolotti e Ballerani. Una boccata d’aria fresca, fra tanta afa pre-elettorale.

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