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Teatro Stabile dell’Umbria: 100 spettacoli prodotti e un viaggio lungo trent’anni

Teatro Stabile dell’Umbria: un viaggio lungo trent’anni, scandito da ben 100 produzioni. Ne ripercorre le stazioni più significative il direttore artistico Franco Ruggieri, intervistato dal professor Alessandro Tinterri. Il precedente (cartaceo) è costituito dal bel volume “Come nasce un teatro”, intervista di Sergio Ragni allo stesso Ruggieri, nel ventennale della fondazione dello Stabile. Ma fare il punto trent’anni dopo ha certamente valenza di storicizzazione, oltre che di orgogliosa celebrazione. Dice Ruggieri: “Cento produzioni non sono poche. Ad altri il giudizio sul loro valore. Per quanto mi riguarda, mi preparo a scendere alla prossima stazione. Da quel momento, forse, tornerò ad essere uno spettatore curioso”.

Ruggieri è convinto di lasciare in buone mani le redini dello Stabile. Tracciando, peraltro, un bilancio di questa sua lunga avventura, usa toni tutt’altro che trionfalistici. Afferma, anzi, che le sue conquiste più belle sono forse state le sconfitte e gli azzardi. Come quando affidò ad Antonio Latella o a Giorgio Barberio Corsetti, alle loro prime esperienze registiche, la realizzazione di produzioni rischiose. In nome del principio che “il pubblico non ha sempre ragione” e che il direttore può avere il sacrosanto diritto di perseguire un suo  progetto di teatro, anche mettendo in forse le simpatie dell’abbonato.

“Oggi non ci sono più grandi registi e, se mi guardo intorno – dice – non vedo spinte innovative, tranne forse le regie di Pippo Delbono”. La parte interessante della relazione-monologo di Franco Ruggieri, condita di aneddoti e autoironia, è quella in cui propone la storia della nascita dello Stabile. E cita il nome dell’amatissimo Sergio Ragni, scrittore, regista e intellettuale perugino, che non poca parte ha avuto nell’orientare le scelte culturali della Vetusta. Racconta le amicizie con Luca Ronconi, Antonio Latella, Massimo Castri, Gigi Dall’Aglio. “registi del teatro di ricerca che hanno saputo superare i lacci della tradizione, conoscendola e rispettandola, ma senza timori reverenziali”. “Condivido – afferma – la posizione di Strehler  e Paolo Grassi i quali riconoscevano che il teatro è un servizio pubblico, né più n meno che i trasporti o la scuola”. Missione salvifica? No: funzione educativa e culturale cui Ruggieri conferma convintamente la propria adesione.

Poi declina i passaggi: “Avevamo tanti teatri il cui uso si limitava alle feste di carnevale. La Regione li ha ristrutturati e, con la legge del 1993, ha inteso creare lo Stabile: oggi una delle più significative realtà culturali che portano anche nei piccoli centri una scossa di interesse e vitalità”. I suoi referenti, amici e collaboratori? Fausto Gentili (citato a più riprese) e Fabrizio Bracco e, tra gli artisti, Luca Ronconi, Giorgio Strehler, Romolo Valli, Carmelo Bene, diversissimi e doviziosi di cultura teatrale. Se è vero il detto “Populi sensus maxime theatro et spectaculis perspectus est”, si può tranquillamente affermare che il ruolo dello Stabile costituisce, ormai da un trentennio, uno strumento efficace per aprire il sipario sul palcoscenico della vita.

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