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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Intervista Negramaro, “Ecco cos’è per noi la vera rivoluzione”

In occasione del concerto della band salentina che si terrà a Perugia il 18 novembre, PerugiaToday ne ha parlato con il tastierista Andrea Mariano, che ci racconta l’esperienza del nuovo album, del tour, e della loro personale “rivoluzione”

Sono uno dei nomi di punta della stagione di Umbria Eventi d'Autore; i Negramaro, partiti il 4  da Mantova con un tour già sould out in molte città italiane, arriveranno al Palaevangelisti di Perugia il 18 novembre con “La rivoluzione sta arrivando”, sesto e ultimo lavoro della band salentina dopo cinque anni di silenzio discografico. Dagli esordi con Mentre tutto scorre (per Rolling Stone tra i migliori 100 album italiani di sempre), al premio Rivelazione italiana con “Estate” al Festivalbar, fino alla raccolta del 2012 Una storia semplice, passando per il Live a San Siro del 2008, i Negramaro si confermano come una delle band più amate nel panorama musicale italiano.

PerugiaToday ne ha parlato con il tastierista Andrea Mariano, che ci racconta l’esperienza del nuovo album, del tour, e della loro personale “rivoluzione”.

Dopo cinque anni dall’uscita dell’ultimo album di inediti, Casa 69, esce la Rivoluzione sta arrivando. Un disco intimista, personale, che racchiude la storia di quattordici anni di musica insieme…

“Questo disco rappresenta la sintesi di esperienze accumulate in tanti anni di vita musicale insieme, ma con alcune sfumature che guardano al futuro. È intimista ma al contempo cerca di gettare uno sguardo aldilà di se stessi per riflettere sulla rivoluzione che un essere umano compie, il coraggio di prendere delle scelte, di cambiare”.

Quindi è questa, in fondo, la rivoluzione dei Negramaro?

“Per noi il concetto di rivoluzione, lungi da meccanismi forzatamente riconducibili a qualcosa di estremo, è molto personale, riguarda il cambiamento che ognuno di noi può fare. L’arte è una delle forme più rivoluzionarie, per noi, ed abbiamo cercato di farlo con questo disco, senza avere la presunzione di cambiare nessuno, ovviamente. Ma se attraverso la musica, come qualsiasi altra espressione artistica, la gente riesce a cogliere uno stimolo, un segnale positivo per mettersi in gioco, riflettere, allora è già in atto una piccola rivoluzione”.

Come è cambiata la vostra ricerca artistica e musicale dal pluripremiato Casa 69 al già disco d'oro La rivoluzione?

“La cosa più importante credo sia stata l’autoproduzione artistica per quanto riguarda il nostro ultimo album; con Casa 69 abbiamo lavorato con un produttore canadese e il disco rimane per noi una pietra miliare della nostra carriera. Con la rivoluzione sta arrivando, invece, ci siamo raccolti tra noi per parlare, discutere, cercando di sfruttare al meglio le caratteristiche non solo musicali ma anche personali di ognuno di noi, compiendo, poi, specifiche scelte tecniche. Da Otranto siamo arrivati a Nashville, per collaborare con un grande fonico, Jacquire King (già collaboratore di artisti del calibro di Kings of Leon, Bon Jovi, James Bay); che è riuscito a trovare quell’equilibrio di suoni che stavamo cercando; ogni nostro lavoro, nonostante una forte riconoscibilità, è sempre diverso. Ma in questo lavoro abbiamo cercato di dargli un’impronta diversa, di metterci in gioco, nonostante ogni album rappresenti stati d’animo ed emozioni vissute in un particolare momento storico, che diviene irripetibile per sua stessa natura". 

Da cosa prende spunto “Se tu la mia città”, singolo che ha lanciato il vostro ultimo album?

“Sentire quella confidenza con qualsiasi posto nel mondo, non sentirsi ancorati nel luogo in cui si è nati ma essere cittadini del mondo; un discorso anche molto attuale, un inno alla libertà di ogni essere vivente di sentirsi a proprio agio in ogni città, in ogni paese. Giuliano Sangiorgi l’ha scritta sotto forma di metamorfosi, una città che si trasforma in una donna; la stessa che respiri, che vivi, e a volte, ti fa stare bene”

All’interno dell’album, il brano “Al posto dei Santi”, rispecchia un tipo di metrica rap con sonorità anni 70, distante dalle sonorità pop rock a cui eravamo abituati. Come è nata l’idea di questa canzone?

“Giuliano ha sempre avuto una passione per il rap, ma questa canzone, all’inizio, era difficile da arrangiare. Volevamo trovargli una veste sonora che non snaturasse la ritmica iniziale, per dare ampio respiro ad un pezzo abbastanza insolito. Così, alla metrica rap, sono state aggiunte chitarre ritmiche, cori. Un brano che abbraccia sfumature diverse, quasi vintage”.

Qualche anticipazione sul vostro tour, che arriverà anche a Perugia il 18 novembre?

“Ci stiamo lavorando già da molti mesi, per cercare di dare al pubblico nuovi contenuti e nuove atmosfere. Abbiamo deciso di mescolare varie forme d’arte, dal teatro al cinema, al fumetto (con proiezioni 3D, video, visual, l’utilizzo di inquadrature scenografiche). Tutto prende spunto dal concept grafico dell’album: sei avatar realizzati dal bassista, Ermanno Carlà; e del viaggio di sei “rivoluzionauti” che, attraverso una navicella, arrivano in una terra parallela per portare la voglia di cambiamento a suon di musica”. 

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