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Ci fu un tempo in cui gli intellettuali celebravano la Vetusta con poesia e cultura nella ricorrenza di quel fatidico XX Giugno

Ci fu un tempo in  cui gli intellettuali venivano chiamati a celebrare la Vetusta con poesia e cultura.È il caso del “Serventese a Perugia” scritto da Franco Mancini per la Festa Grande del 1982

Ci fu un tempo in  cui gli intellettuali venivano chiamati a celebrare la Vetusta con poesia e cultura.È il caso del “Serventese a Perugia” scritto da Franco Mancini per la Festa Grande del 1982. Come i perugini più maturi ricorderanno, fu Raffaele Rossi, vicesindaco della città, a volere questa Estate perugina e la festa popolare, poi istituzionalizzata, in omaggio della ricorrenza storica del XX Giugno.

Chiamò dunque in causa, per una collaborazione, l’agellese Franco Mancini, poeta e narratore in proprio, oltre che indimenticato editore dei “poeti notari” perugini del Trecento (Guerra, 1997) e dell’insuperato Jacopone (“Laudi”, Laterza, 1974).Siamo debitori all’ex assessore alla cultura del Comune di Perugia, e studioso properziano, Enzo Coli, di una rarissima copia di quel componimento.

Basti citarne l’abbrivio: “Inchiodata la spera meridiana / langue col filo d’erba che si cuoce / al sole o ai sali della tramontana / sul muro etrusco […] / odio dell’angel-grifo che feroce / nel vitello inunghia”.In questi versi c’è tutta la peruginità, orgogliosa e riflessiva, che si alimenta di storia, pur nel fluire continuo della vita. Insomma: tempi in cui l’intellettuale, pur senza essere “organico” al potere, rispondeva dignitoso alla chiamata.

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