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Domenica, 28 Aprile 2024
Economia

Il caro energia fa paura ad aziende e artigiani umbri dopo la ripresina: il caso Tagina. I settori a rischio. Come fare?

Alimentare con il gas i forni vuol dire un aumento del 500 per cento dei costi. Molti non riapriranno. Servono ristori e procedure innovative: a partire dal biogas

La ripresa economica dell'Umbria - ma di tutto il Paese - rischia di essere vanificata nei primi tre mesi di questo 2022 che si è aperto con un incredibile aumento dei costi dell'energia che, oltre alle famiglie, peseranno pesantemente sul destino dell'artigianato ma anche della media impresa. E questo si rifletterà pesantemente sull'occupazione che, nonostante la ripresa, è ancora in ritardo rispetto ai consumi e Pil ritornati a veleggiare meglio del pre-covid. Un dato su tutti per capire la gravità della situazione: ci sono settori come cementerie e ceramiche e industria pesante che subiranno un aumento del 500 per centro in fatto di gas che passa da 0,20 euro al metro cubo a 1,80.

E ci sono aziende che hanno deciso di non aprire e mandare tutti in cassa integrazione e chi addirittura non acceso e non sa quando riaccenderà i forni per la produzione. L'allarme è stato lanciato dal responsabile Lavoro del Pd Umbria Daniele Lombardini che ha preso ad esempio il caso di una delle più importanti ceramiche umbre: la gualdese Tagina che nonostante contratti raddoppiati rispetto al 2021, per non produrre sottocosto, è costretta a chiudere ed i lavoratori allo smaltimento di ferie pregresse e cassaintegrazione. Con forni rigorosamente chiusi per adesso almeno fino al 30 gennaio.

"Un segnale che deve alzare l'attenzione soprattutto  in un territorio come quello della fascia appenninica già lungamente provato da crisi industriali. L'impennata dei costi energetici rischia infatti di mettere in enorme difficoltà interi settori: dalla ceramica al cemento, dalla produzione di laterizi alla chimica" ha spiegato l'esperto su lavoro dei democratici dell'Umbria "La mancata autosufficienza energetica a livello nazionale non può però diventare una scusa da parte delle forze politiche dei governi regionali e locali. Il Lazio ad esempio è già corso ai ripari: come dichiarato dal presidente di Saxa Gres Francesco Borgomeo (raggruppamento di imprese del quale fa parte anche Tagina)  ha già iniziato un iter autorizzativo nell'ambito della produzione di biogas, elemento strategico per sostenere la produzione del settore. E' necessario quindi che anche la Regione Umbria si muova in fretta per non perdere ulteriormente terreno. Spegnere i macchinari e mandare a casa i lavoratori non possono essere le soluzioni per tutti i territori che abbiano a cuore la sfida dello sviluppo".

Insomma un invito a velocizzare i tempi di ricoversione ma ci vorranno anni. Servono fondi e ristori per evitare chiusure e accompagnare la transizione energetica. Si rischia di ripiombare in piena crisi economica e con tanto di fuga ulteriore di forza-lavoro verso altre regioni. 

Secondo una stima realizzata dall’Ufficio studi della CGIA sono quasi 1,8 milioni i lavoratori presenti in Italia nei settori caratterizzati da un alto consumo energetico. Di questi 1,8 milioni di addetti, poco meno del 30 per cento, in termini assoluti attorno alle 500 mila unità, potrebbe essere costretto a rimanere temporaneamente a casa a causa del fermo produzione imposto dall’impennata dei costi energetici. In Umbria si stima 2mila lavoratori a rischio. L'industria alimentare e tessile, chimica, ma anche della fabbricazione di carta, ceramica e della industria metallurgica andranno quasi certamente in grande sofferenza in breve tempo.

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