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Economia

Rapporto Bankitalia Umbria, Cgil: "Priorità è il lavoro"

Il rapporto dell’Ufficio Studi della Banca d’Italia conferma che l’emergenza dell’Umbria è rappresentata dalla “questione lavoro”, in una situazione economica e sociale sempre più pesante

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PerugiaToday

La Cgil Umbria, sostiene che il rapporto presentato dall’Ufficio Studi della Banca d’Italia conferma che l’emergenza dell’Umbria è la “questione lavoro”, immersa in una situazione economica e sociale sempre più pesante.

Confrontando il dato congiunturale della nostra Regione rispetto al dato nazionale trova conferma l’analisi sulla fragilità del tessuto produttivo umbro. In un quadro nazionale caratterizzato da una forte recessione, con un – 6% del PIL rispetto ad aprile 2008 che sottende un –20% della produzione industriale, si ha una conferma degli effetti devastanti prodotti dall’economia liberista e mercatista.
In questo contesto ci sono alcuni elementi specifici della nostra Regione.

Mario Bravi, segretario regionale, sostiene che la recessione in Umbria è più consistente di quella media nazionale e questo è dovuto al concatenarsi di due fattori che sono i seguenti:

Un apparato produttivo caratterizzato da una forte presenza di beni intermedi (più soggetti all’andamento delle congiunture economiche);

Una minore capacità di esportazione delle imprese umbre, che impedisce di agganciare i fattori di ripresa mondiale (non è un caso se la presenza di imprese umbre indirizzate all’export costituiscono un numero minimo). Tra le 43 Regioni d’Europa che hanno dimensioni e connotati simili all’Umbria, la nostra regione ha una propensione all’export tra le più basse.

Come se non bastasse, è prevista per il 2012 una riduzione della propensione agli investimenti delle imprese, che secondo Bankitalia potrebbe ridursi del 20%.

In questo quadro si sta determinando un calo consistente dell’occupazione: molto pesante tra le donne e i giovani (18mila occupati in meno in Umbria tra gli under 35) e se il dato ufficiale della disoccupazione rimane relativamente basso, esso non tiene conto dell'altissimo numero di lavoratori cassintegrati (31mila mediamente coinvolti, secondo l'osservatorio nazionale della Cgil, di qui 15 mila a 0 ore).

Siamo ad un vero e proprio “allarme rosso”.

Occorrono politiche di contrasto, di rilancio e di investimenti pubblici, ma questo dipende soprattutto dal Governo nazionale e da una diversa politica economica a livello europeo.

Per questo siamo convinti che occorre lanciare una vera e propria “vertenza Umbria” che individui interlocutori e controparti.
Controparti rappresentate soprattutto dal Governo nazionale che deve dotarsi di una politica industriale, che continua a non esistere, e dalle associazioni di imprese, a partire da Confindustria, che devono uscire da una logica di puro rivendicazionismo corporativo.

Da questo punto di vista, gli stessi dati di Bankitalia rivelano che la campagna contro l’art.18 e lo Statuto dei lavoratori è del tutto fuorviante e ideologica: basti pensare al fatto che su 656 imprese oggetto dell’indagine della Banca d’Italia in Umbria, solo un paio hanno indicato come problema rilevante la questione del costo del lavoro.

I problemi veri delle imprese in Umbria si chiamano invece: sottodimensionamento, familismo e accesso al credito. Se i fallimenti in un anno in Umbria sono aumentati del 138% le cause vanno ricercate qui e non altrove.

E, infine, ci permettiamo di suggerire al Dott. Carruba, dirigente della Banca d’Italia dell’Umbria, che ha realizzato uno studio molto interessante sulla difficile situazione economica e sociale della regione, di fare in modo che oltre che alle associazioni di imprese, si dia voce in futuro anche al mondo del lavoro dipendente, che è il più colpito dalla crisi e che è in grado di portare proposte utili all’uscita dalla stessa. Anche perché le 11 associazioni delle imprese che hanno dato vita ad un documento comune potrebbero probabilmente parlare con un’unica voce, per dare spazio a quella parte dell’Umbria - lavoratori dipendenti, giovani e precari - che non solo è la più colpita dalla crisi, ma che è anche in grado di costruire proposte come quella del Piano straordinario per il lavoro che può costituire uno sbocco al momento difficile che stiamo attraversando.



 

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