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Martedì, 16 Aprile 2024
Economia

Crisi, sempre più serrande abbassate in Umbria: ci rimettono anche donne-lavoratrici

La crisi del commercio incide più del dovuto sulla crisi del tessuto economico regionale, per la Cgil è da questo punto che deve cominciare il rilancio dell'economia dell'Umbria, così come non si può prescindere da un nuovo piano industriale

Commercio in balia di calo dei consumi e una crisi economica che non sembra trovare appigli in questa discesa verso il baratro, questa la situazione della nostra econimia sia nazionale che regionale. In Umbria tanti sono i fattori esterni ma anche quelli legati ad una programmazione non sempre giusta a livello locale. Per il sindacato Cgil poi, il risvolto più preoccupante è nella profonda difficoltà del terziario che evidenzia in termini inediti una questione occupazionale dai gravi risvolti sociali.

Insomma tutto si incatena e la crisi si espande come un domino e in Umbria le aziende del settore distributivo vivono le conseguenze del vertiginoso crollo dei consumi, registrando un saldo negativo tra natalità e mortalità delle imprese. Questi settori in regione "sono particolarmente colpiti in termini di risultati economici: produzione, fatturato e ordinativi, registrano una consistente decrescita. - scrive la Cgil - Il poco lavoro che si è creato denota una forte precarizzazione. L'industria del turismo attraversa difficoltà altrettanto forti, con conseguenze pesanti su tutto l'indotto. Le aziende e cooperative di servizi risentono, invece, del taglio 'imposto' dalla spending review, che ha come ricaduta immediata una riduzione lineare delle ore degli appalti".

Inoltre c'è un dato che nel tempo potrebbe creare nuovi grattacapi visto che il terziario rappresenta l'unico settore dove l'occupazione femminile ha avuto degli incrementi occupazionali, oltre ad essere quello che negli ultimi anni ha creato la maggior parte della nuova occupazione, che però, è fortemente destrutturata, perché fondata sulla diffusione di tipologie contrattuali precarie: contratti a termine, part-time e 'atipici'.

Secondo il sindacato la "ricerca dell’AUR presentata il 17 luglio, ha avuto il pregio di rappresentare quanto le dinamiche negative nazionali abbiano determinato in Umbria una rilevanza maggiore sul versante dell’incidenza del commercio sul PIL e sui livelli occupazionali. Esiste un nesso tra politiche del consumo, modello distributivo e struttura dell’occupazione".  Per la Regione bisogna ripartire con idee chiare, dalla necessità di riproporre l’immagine dell’Umbria come terra di centri storici e borghi e per questa via tornare alla valorizzazione del territorio come elemento attrattivo coniugando storia, cultura, innovazione e capacità di restituire agli esercizi di prossimità una caratterizzazione visibile.

Per il sindacato invece la prima mossa è dettata dalla necessità di "un nuovo patto tra le parti sociali per definire un percorso di maggiore coinvolgimento nella strutturazione del settore del commercio e turismo, nelle modificazioni intervenute, nell’impatto della crisi, nell’occupazione, nella definizione degli orari e nella costruzione di un accordo sulla legalità che offra tutele maggiori alle lavoratrici e ai lavoratori".

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