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Per mangiare hanno venduto le fedi, cenano con delle mele e il figlio non può più studiare

Emanuele e Giuseppa non riescono a trovare un lavoro da almeno due anni. Hanno venduto tutto per tirare a campare. Sono il simbolo di molte famiglie di casa nostra ai tempi della crisi. Si sono incatenati alla Fontana perché la loro dignità è stata stracciata. Cercano un lavoro: aiutiamoli. Ecco la loro storia

Il nostro amico, lettore ed esperto di comunicazione Nicola Capizzi ci ha donato questa storia che ha intercettato in Piazza IV Novembre dove due coniugi di Valfabbrica, ormai alla fame e disperati, si sono incatenati. Una mossa disperata per cercare un lavoro, per ritornare ad avere un futuro. Sono lo specchio di molte famiglie umbre e italiane. Sono i nostri fratelli, i nostri genitori, i nostri amici. Per chi potesse aiutarli offrendo un lavoro noi mettiamo a disposizione la nostra mail (perugiatoday@citynews.it). Siamo in contatto con loro e potremmo fare da tramite con coloro che hanno intenzione di dargli un lavoro, anche un piccolo lavoro. 

(di Nicola Capizzi)

Perugia, Piazza IV novembre. Sono circa le 11 del mattino. Dopo giorni di pioggia battente le nuvole lasciano finalmente spazio a qualche raggio di sole, anche se tutto lascia presagire che non durerà molto. In giro si vede qualche turista in pantaloncini e sandali che scatta foto, professionisti che corrono con le valigette da uno studio all'altro, una coppia seduta a ridosso della recinzione della Fontana Maggiore. Tutto normale verrebbe da dire. Ma non è così. Le due persone sedute non sono turisti e non sono studenti. Non scattano foto, non hanno lo sguardo serio e sicuro né l'aspetto impettito di rampanti professionisti con i Persol inforcati sul viso. Hanno i visi tirati, loro. E sotto gli occhiali da bancarella lo sguardo è quello della disperazione. Alla loro destra un lenzuolo bianco con scritta che dice: “vogliamo lavoro e dignità”. E già, lavoro e dignità. Ci avviciniamo per ascoltare la loro storia, per dare voce alla loro situazione.

Sono marito e moglie e hanno un figlio adolescente. Si chiamano Emanuele Fanesi e Giuseppa Di Miceli. Vivono a Valfabbrica e sono venuti a Perugia perché qui è la sede della Regione e della Provincia. A parlare per primo è Emanuele. “Abbiamo una casa di proprietà che facciamo fatica a vendere, servirebbe a darci un po' di respiro per qualche anno. Per tirare a campare abbiamo venduto tutto”. Mostrando la mano sinistra ci dice che hanno dato via anche le fedi nuziali. Giuseppa, dopo le parole pronunciate dal marito, si toglie gli occhiali e si porta un fazzoletto agli occhi per asciugare le lacrime: “c'erano i nostri nomi scritti su quegli anelli, cosa dobbiamo fare di più?” Emanuele le tiene il braccio e prova calmarla, ma non passa molto che anche i suoi occhi si liquefanno nel pianto. Sono incatenati Emanuele e Giuseppa.

Cercano un lavoro Emanuele e Giuseppa . Cercano dignità Emanuele e Giuseppa. Con la voce rotta e singhiozzante Giuseppa ci racconta che il marito è laureato in legge e che ha lavorato fino all'ottobre del 2012 presso la Profilumbria Spa, ma poi non gli è stato rinnovato il contratto. Prima ancora aveva lavorato alla Bavicchi Spa per dieci anni, occupandosi della selezione e del confezionamento delle varie sementi ed anche della logistica per lo stoccaggio di materie prime e dei prodotti finiti. “Ho inviato il mio curriculum a tutte le agenzie di lavoro interinale dell'Umbria -afferma Emanuele-, l'ho mandato anche all'estero. Siamo disposti pure a lasciare l'Italia”. Giuseppa non può lavorare. Tra i tanti problemi di salute soffre anche di diabete. “Mi è capitato più di una volta di cenare con delle mele che ci erano state donate -racconta Giuseppa-, non ce la faccio più. Mio figlio ha interrotto gli studi, dove li prendiamo 460 euro l'anno per pagare l'abbonamento dell'autobus?”. Attorno a loro una piccola folla si accalca. Passanti, gente comune che stringe le mani e pronuncia parole di incoraggiamento.

“Il sindaco di Valfabbrica -continua Emanuele- ci ha sempre ricevuti ma più che qualche pacco di pasta e qualche contributo non può darci. Voglio un lavoro, non l'elemosina. La mia dignità non può più essere mortificata. Sul posto sono intervenuti immediatamente gli agenti della Polizia Municipale. Un giovane vigile, appreso che la signora ha problemi di salute, si è apprestato a portare dell'acqua e ad avvisare i sanitari qualora si sentisse male.

Subito dopo arriva qualche esponete politico. Prima arriva il sindaco Romizi (anche se sul caso non può far nulla visto che la coppia non è residente a Perugia), poi l'assessore regionale Stefano Vinti, l'assessore provinciale Domenico De Marinis e i due giovani consiglieri comunali di Perugia Tommaso Bori e Sarah Bistocchi a portare la loro solidarietà. Solidarietà che è stata apprezzata dalla coppia. A ruota giungono anche gli operatori del Pis (Pronto intervento sociale) che si sono messi subito a disposizione. In fine, dopo una trattativa portata avanti da De Marinis e da un agente di Polizia in borghese e dopo l'arrivo di un rappresentante del Centro per l'impiego, la coppia ha deciso di interrompere la protesta. Emanuele e Giuseppa sono stati accompagnati al Centro per l'impiego nella speranza di trovare una soluzione alla condizione nella quale versano.

Quello di Emanuele e Giuseppa non è, purtroppo, un caso isolato. La loro è una delle tante storie di disperazione che riguarda molte, troppe persone. La speranza è che la storia che vi abbiamo raccontato serva a far capire a chi di dovere (dal Governo nazionale ai livelli più periferici) che tagli indiscriminati servono solo ad aggiungere povertà a povertà. E che il sociale è l'unico settore che permette di mantenere un, seppur precario, benessere sociale. Un'ultima cosa. Se ci fosse qualcuno che possa offrire un lavoro ad Emanuele può contattare la redazione di Perugia Today.

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