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Commercio: in Umbria persi 3mila posti di lavoro

Secondo una nota di Sel, in Umbria a causa della crisi economica si sono persi almeno 300 posti di lavoro nel settore del commercio

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PerugiaToday

La drammatica crisi economica e sociale del paese non ha confini settoriali. In questi anni abbiamo assistito a varie crisi congiunturali caratterizzate dal fatto che erano interessati di volta in volta alcuni settori produttivi, ma mai l'intera platea. 
La crisi di oggi non risparmia nessun settore attraversando con una forza d'urto inimmaginabile ogni settore.

Uno di questi, che nelle precedenti crisi aveva manifestato di volta in volta una grande capacità di tenuta ed anche di controtendenza era quello del commercio sia della grande che della piccola distribuzione. I dati di questi ultimi tre anni ci parlano invece di una elevata chiusura delle attività commerciali dove le più colpite sono i piccoli negozi.



In Umbria sono circa 12000 gli esercizi commerciali che hanno quale attività primaria il commercio al dettaglio in sede fissa. Nel 2010 si stima che abbiano abbassato le saracinesche circa 1300 esercizi. Questo dato non può non preoccuparci per una serie di ragioni: ogni esercizio che chiude sono posti di lavoro persi, la chiusura dei piccoli negozi incide sulla qualità della vita di tanti quartieri e di tanti centri storici. Per noi politiche di salvaguardia del piccolo commercio sono importanti per contrastare i fenomeni d cui sopra ma riteniamo che la decisione del Governo sulla liberalizzazione degli orari non sia assolutamente la risposta giusta. 



Pensare che a fronte di un progressivo impoverimento di tante famiglie la ripresa dei consumi possa essere affidata a orari più lunghi è qualcosa priva di qualsiasi fondamento scientifico. Anzi riteniamo che questa liberalizzazione opererà una concorrenza impari tra grande e piccola distribuzione dove a soccombere sarà inevitabilmente la seconda. Come potranno far fronte tutte quelle attività e gestione interamente o maggioranza familiare? A quali tempi di lavoro saranno sottoposti i piccoli proprietari di un negozio e i loro dipendenti? L'apertura domenicale generalizzata costringerà a lavorare anche nei giorni festivi sottraendo tempo alla propria famiglia e cancellando diritti.



In questo quadro negativo abbiamo letto con attenzione ed interesse le 14 proposte avanzate dalla Confcommercio dell'Umbria. Ad una prima lettura ci sembra di essere di fronte ad una serie di idee che vanno a comporre una vera e propria politica di settore capace di mettere in atto un pacchetto di iniziative di sostegno in questa fase di crisi.

Ci convince il loro essere sistemico nel riguardare sia politiche nazionali di competenza del Governo che Regionali e Comunali. Una visione complessiva che se attuata può veramente aiutare questo settore sapendo comunque che, la partita più importante rimane la politica dei redditi, aumentando salari e stipendi e rilanciando l'occupazione. Ritornando alle proposte valutiamo positivamente quanto richiesto al Governo nazionale: moratoria delle scadenze fiscali e previdenziali con la loro rateizzazione nel 2013; la critica alla liberalizzazione degli orari; la richiesta di una seria politica del turismo che possa rilanciare il paese a livello mondiale; la previsione di ammortizzatori sociali. 



Sul fronte della fiscalità locale Sinistra Ecologia e Libertà è fortemente preoccupata degli effetti negativi prodotti dalla reintroduzione dell'ICI con la rivalutazione del valore degli immobili. Questa misura colpirà pesantemente sia le famiglie che le attività commerciali. Ma non solo, saranno pesantemente colpite tante attività dei servizi che vedono impegnati tanti giovani sui quali ricadrà un nuovo balzello. Le 14 proposte di Confcommercio avvalorano la nostra critica alla manovra Monti che colpisce in maniera pesante i lavoratori e le piccole e medie imprese (commerciali e no) producendo una caduta del Pil con conseguente caduta dei consumi interni.



E infine la situazione impone agli enti locali umbri di rivedere la scelta di favorire la crescita dei grandi centri commerciali che stanno nascendo come funghi in tutta la regione. Una politica che in un periodo di crisi, nella quale le risorse delle famiglia diminuiscono in maniera drammatica, non può che incrementare, in maniera significativa, la strage delle piccole imprese commerciali. 1300 aziende che chiudono rappresentano la perdita di 2 o 3mila posti di lavoro. A fronte dei quali le 100 assunzioni delle grandi catene che stanno per aprire i battenti nella zo

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