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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Dossier Umbria, che fine hanno fatto i giovani e i 30enni in Umbria? Storia di una emorragia senza fine. La mappa

Tra le cause di questa situazione, oltre alla mancanza di politiche efficaci a favore dei cosiddetti 'giovani adulti', c'è l'emigrazione all'estero

Nel 2009 solo Orvieto, tra i comuni con più di 10.000 abitanti, era sotto la soglia del 20% in termini di incidenza dei giovani 25-40 anni sul totale della popolazione. Oggi questa emergenza si registra praticamente in tutti i comuni umbri.

Il Rapporto Mediacom043 sul 'buco generazionale' fotografa la situazione dei giovani nella fascia d'età compresa tra i 25 e i 40 anni, fascia d’età ritenuta dagli studiosi fondamentale per lo sviluppo e la crescita socio-economica, riportando la situazione di tutti i municipi umbri nell'ultimo decennio 2009-2019. Da osservare con particolare attenzione l’andamento dei comuni umbri con oltre 10.000 abitanti, i cui dati sono più significativi per la maggior numerosità della popolazione. Ne esce un quadro piuttosto sconfortante.

Basti dire che nel 2009 solo Orvieto era sotto la soglia del 20% in termini di incidenza dei giovani 25-40 anni sul totale della popolazione. Oggi praticamente tutti i comuni sono sotto tale soglia. Dati, peraltro, che comprendono anche gli stranieri presenti in questa fascia di età.

Ma perché è stata scelta proprio la soglia del 20%? La quota del 20% è considerata nella letteratura demografica e socio-economico la 'soglia critica', sotto la quale le possibilità di sviluppo economico-sociale sono seriamente a rischio. In tutta l’Umbria su 92 comuni solo uno, Giano dell’Umbria, supera tale soglia, mentre nel 2009 i municipi umbri che la superavano erano 68. 2 erano esattamente sulla soglia del 20% e solo altri 2 erano sotto.

In Umbria quindi nell’ultimo decennio il numero dei giovani nati tra il 1979 e il 1994 crolla del 21,9% (da 198.640 a 155.143, con un calo di 43.497 giovani), vedendo quindi sparire oltre un quinto dei propri giovani e marcando l’ottavo peggior risultato d’Italia.

All’interno di questo dato, l’andamento della provincia di Terni è peggiore di quello della provincia di Perugia. Nel Perugino, infatti, la flessione del numero dei giovani 25-40 è del 21,1% (da 148.772 a 117.442, pari ad una diminuzione di 31.330 persone), mentre in provincia di Terni il calo è del 24,4% (da 49.868 a 37.701, con un -12167). In altri termini, nell’ultimo decennio la provincia di Perugia ha perso oltre un quinto della propria popolazione tra 25 e 40 anni, mentre la provincia di Terni ne ha persa quasi un quarto.

I municipi umbri che, dal 2009 al 2019, perdono più popolazione all’interno della fascia 25-40 anni sono Polino (-70,7%), Poggiodomo (-63,6%), Parrano (-44,1%), Valtopina (-38,1%) e Acquasparta (-37,3%). Al contrario i comuni con i cali minori del numero dei giovani 25-40 sono invece Giano dell’Umbria (-2,6%), Cannara (-6,7%), Fratta Todina (-7,2%), Attigliano (-8,4%) Sant’Anatolia di Narco (-11%) e Paciano (-11%).

Guardando all’andamento dei comuni umbro sopra i 10.000 abitanti, la cui consistenza in termini di popolazione permette di dare un valore più significativo ai dati, i cali maggiori del numero dei giovani nella fascia d'età presa in esame si registrano nell’ultimo anno a Narni (-30,8%, con la scomparsa di 1.305 giovani 25-40, ossia ne è sparito quasi un terzo), Magione (-25,1%, ossia nel 2019 c’è un quarto in meno dei giovani 25-40 che c’erano nel 2009, in valore assoluto -825 giovani 25-40) e San Giustino (-25,1%, -664). Quindi Città di Castello (-23,9%), Gubbio (-23,5%) e Terni.

I cali più bassi, invece, a Castiglione del Lago (-14,8%), Marsciano (-16,3%) e Umbertide (-16,7%). Tra le cause di questa situazione, oltre alla mancanza di politiche efficaci a favore dei cosiddetti 'giovani adulti', c'è l'emigrazione all'estero. I dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) registrano che 5.389 giovani italiani nel decennio considerato hanno trasferito la loro residenza fuori dai confini nazionali. Ne sono però rientrati nello stesso periodo 1.613, per cui la perdita netta per la regione è di 3.776 giovani. 

Altro problema, noto da anni ma mai concretamente affrontato e di cui paghiamo salatamente il debito è la significativa modificazione della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. Le donne italiane in questa classe di età, infatti, sono sempre meno numerose: da un lato, le cosiddette baby-boomers (ovvero le numerosissime nate tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta) stanno uscendo dalla fase riproduttiva (o si stanno avviando a concluderla); dall’altro, le generazioni più giovani sono meno numerose, scontando l’effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995, che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995.

La diminuzione della popolazione femminile tra 15 e 49 anni osservata tra il 2008 e il 2017 – circa 900.000 donne in meno – spiega quasi i tre quarti della differenza di nascite che si è verificata nello stesso periodo, mentre la restante quota dipende dalla diminuzione della fecondità (da 1,45 figli per donna del 2008 a 1,32 del 2017). Peraltro il contributo dei cittadini stranieri alla natalità della popolazione residente si va lentamente riducendo. 

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