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Cronaca

Conflittualità in famiglia troppo alta, il Tar rigetta il ricorso per la restituzione di licenza e fucile da caccia

La revoca del permesso venatorio e il divieto di possedere armi dopo l'intervento dei Carabinieri per sedare una lite dell'uomo con la compagna

La conflittualità in famiglia è molto alta, quindi prefetto e questore di Perugia hanno fatto bene a togliere armi e licenza.

È la decisione del Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria in merito al ricorso di un uomo, difeso dall’avvocato Elisa Peppucci, che chiedeva l’annullamento e la sospensione cautelare del divieto di detenere armi e munizioni e della revoca della licenza di porto di fucile per uso venatorio.

Provvedimenti presi a seguito di due episodi che avevano richiesto l’intervento dei Carabinieri di Todi per sedare i litigi tra il ricorrente e la compagna. Nel corso degli accertamenti, inoltre, emergeva che tra i due erano in corso già da due anni contrasti per motivi personali.

Nel secondo dei due episodi violenti, l’uomo avrebbe afferrato la donna per il collo, per poi farla cadere a terra. Il ricorrente ha sempre negato di aver usato violenza nei confronti della compagna. Nell’annotazione dei Carabinieri si precisava che le persone coinvolte non avevano segni di ferite sul corpo.

A seguito della relazione dei militari il prefetto di Perugia riteneva che l’uomo non era più affidabile rispetto alla detenzione delle armi e che non garantiva, anche per il futuro, di non abusare delle stesse.

Nel ricorso si contestava tale ipotesi, affermando che non era stato tenuto conto del fatto che la donna non aveva presentato querela per i fatti contestati e che il ricorrente era titolare della licenza da trentasei anni, durante i quali non aveva mai dato adito a sospetti di inaffidabilità rispetto alla detenzione ed all’uso delle armi.

Per i giudici amministrativi il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto e l’interesse all’incolumità delle persone è prioritario rispetto al resto. Nel caso in questione, poi, la situazione di conflittualità familiare giustifica “l’emanazione di provvedimenti interdittivi in tema di armi, a prescindere dalla responsabilità della sua causazione”. Ne consegue il rigetto del ricorso e la conferma della revoca della licenza di caccia e il divieto di possedere armi e munizioni.

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