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Cronaca Spoleto

Carcere Spoleto, Stufara: "Sospendere il trasferimento di Musumeci"

Stufara, capogruppo di Prc-Fds, invia una lettera al Ministro della Giustizia, Severino, per chiedere la sospensione del trasferimento del detenuto Carmelo Musumeci

Il capogruppo regionale Prc–Fds, Damiano Stufara, insieme al responsabile nazionale giustizia del suo partito Russo Spena, invia una lettera aperta al ministro della giustizia, Paola Severino, affinché venga sospeso il trasferimento del detenuto Carmelo Musumeci dal carcere di Spoleto ad un altro istituto di pena.

Un appello formulato nella convinzione che la pena, lungi dall’essere la rivisitazione di una forma tribale di vendetta da parte dello Stato e dei suoi apparati, debba piuttosto essere un percorso di rieducazione e di recupero della persona.

“Le scriviamo – si legge nella lettera che è stata firmata anche dal responsabile giustizia del Prc, Russo Spena - per sottoporre alla sua attenzione la vicenda di Carmelo Musumeci, che insieme ad altri detenuti è stato oggetto, nei giorni scorsi, di un provvedimento di trasferimento dal carcere di Spoleto verso altro istituto. Carmelo, esempio positivo di quel percorso di recupero della persona sancito dallo stesso articolo 27 della nostra Costituzione, è già chiamato dalla giustizia italiana a scontare l'ergastolo ostativo, una pena senza fine che, in base all'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario, lo esclude da ogni misura alternativa al carcere e da ogni beneficio penitenziario.

Nella lettera si parla di un provvedimento immotivato e contrario agli obiettivi di recupero e di rieducazione della persona: "Questa condizione di straordinaria limitazione della propria libertà personale si aggiungerà, in forza del trasferimento, l'interruzione improvvisa del percorso di risocializzazione, che ha visto Carmelo conseguire una laurea e misurarsi con la scrittura di libri sulla condizione detentiva degli ergastolani ostativi. Determinare nella vita della persona detenuta un tale vuoto nel programma di trattamento, privo peraltro di qualsiasi motivazione sotto il profilo comportamentale o disciplinare, si configura come un'autentica pena nella pena, che contraddice il rispetto dei diritti (alla salute, alle relazioni affettive, all'istruzione, al lavoro, alla libera espressione di pensiero) di cui la persona detenuta è comunque depositaria, e più in generale il rispetto della sua dignità personale”.


 

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