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Cronaca

Bosone di Higgis, Cern scopre la "particella di Dio", un grazie anche agli studiosi perugini

Ecco la particella di Dio, o meglio il Bosone di Higgis, che consente a ogni cosa di avere massa e quindi l'esistenza della materia così come la conosciamo

Scoperta davvero sensazionale quella sperimentata oggi al Cern di Ginevra, con l'individuazione della cosiddetta Particella di Dio, o meglio il Bosone di Higgs che dà massa alla materia. Ciò avviene quando le particelle interagiscono con il campo prodotto dall’Higgs che permea tutto l’universo. Ogni particella che attraversa questo campo avverte una resistenza diversa, questa resistenza viene chiamata massa.

Per Perugia questo ha voluto dire diciassette anni di attività spesi bene, da parte di oltre 120 persone fra ricercatori, laureati e dottori di ricerca: questo il contributo, solo in termini di risorse intellettuali, che il Dipartimento di Fisica e la Sezione perugina dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare hanno dato all’esperimento CMS, Compact Muon Solenoid, svolto al CERN di Ginevra, l’esperimento che oggi, nel corso di una conferenza stampa trasmessa in webcast in tutto il mondo, ha comunicato di aver ottenuto la conferma sperimentale dell’esistenza di una particella compatibile con il bosone di Higgs, ovvero quello che appare il responsabile dell’”assegnazione” della massa alle particelle elementari.

Il gruppo perugino lavora a CMS, attualmente coordinato dal Dr. Attilio Santocchia del Dipartimento di Fisica, ha ricevuto anche finanziamenti per attrezzature, personale e per costruzione dell’apparato necessario per circa 12 milioni di euro (di cui il 60% da parte dell’INFN).
 
“Siamo giustamente orgogliosi dei risultati comunicati oggi – ha dichiarato il Rettore dell’Ateneo di Perugia professore Francesco Bistoni – perché danno conto del grande impegno profuso dai nostri studiosi, in un’ottica di esemplare apertura internazionale e superando grandi difficoltà, in particolare negli ultimi anni, caratterizzati da una continua e drastica riduzione di disponibilità delle risorse economiche”.

“Si tratta di un evento molto significativo anche perché riguarda la ricerca di base – ha commentato il Preside della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dello Studium  professore Fausto Elisei – ovvero l’ambito di precipua competenza dell’Accademia, quello che poi viene declinato in tecnologia, trovando così applicazioni pratiche capaci di migliorare, e talvolta rivoluzionare, la vita di tutti noi”.  

La Direttrice del Dipartimento di Fisica professoressa Caterina Petrillo ha quindi evidenziato come i risultati ottenuti siamo non solo un successo della scienza in termini generali, per la capacità e la perseveranza dimostrati nel lavorare ad un obiettivo di lungo termine, ma anche una vittoria per le ampissime ricadute in termini di formazione avanzata, di creazione di nuove infrastrutture e nella generazione di un consistente indotto produttivo industriale.

“Sono quasi venti anni – ha aggiunto il Dottore Pasquale Lubrano, Direttore della Sezione INFN - che collaboriamo a livello nazionale e internazionale per lo sviluppo del progetto che nel terzo millennio ha portato alla realizzazione del Cern di Ginevra e agli straordinari esperimenti di oggi. E’ doveroso ringraziare coloro che mi hanno preceduto in questa magnifica avventura ed in particolare il fondatore della Sezione INFN il professore Giancarlo Mantovani, e sottolineare la perfetta collaborazione con la quale INFN e Dipartimento hanno lavorato al progetto CMS, in una continua lotta contro il tempo e la scarsità di risorse”.

L’acceleratore LHC del CERN, lungo 27 Km e situato a 100 m di profondità è lo strumento più complesso e sofisticato mai costruito dall’uomo e viene utilizzato per riprodurre le condizioni iniziali dell’Universo, subito dopo il Big-Bang, e cercare le risposte a una serie di problemi ancora aperti tra cui l'esistenza del bosone di Higgs.

Due fasci di protoni vengono accelerati ad energie elevatissime e vengono fatti scontrare uno contro l’altro per riprodurre quei fenomeni rarissimi che ci aiutano a studiare il mondo delle particelle elementari. L’esperimento CMS (Compact Muon Solenoid) è un rivelatore di particelle che pesa 12500 tonnellate, ha un diametro di 15 m e una lunghezza di 21 m. CMS è la macchina che ci permette di “fotografare” i prodotti degli urti dei protoni e analizzare ogni secondo più di 400 milioni d’interazioni che vengono realizzate ad LHC.

La ricerca del bosone di Higgs è stata condotta prima all’acceleratore LEP del CERN negli anni 90, poi all’acceleratore Tevatron negli Stati Uniti negli anni 2000 ma solo con LHC nel 2012 siamo riusciti a provare la sua esistenza. CMS ha osservato un eccesso di eventi a una massa di circa 125 GeV con una significanza statistica di 5 deviazioni standard. La probabilità che questa sia una semplice fluttuazione casuale corrisponde a una parte su tre milioni. Le caratteristiche della nuova particella sono compatibili con il bosone di Higgs descritto dal modello standard dell’interazione elettrodebole. Gli studi dettagliati delle proprietà della nuova particella continueranno nei prossimi mesi e CMS prevede di triplicare il campione di dati raccolto fino ad  ora.

 

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