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Cronaca

Quattro anni in carcere, ma per Raffaele Sollecito nessun risarcimento: ecco perchè

Le motivazioni per cui è stata respinta la richiesta di 516mila euro per ingiusta detenzione. Sollecito è stato definitivamente assolto nel 2015 dall'accusa di omicidio della studentessa Meredith Kercher

Invero, la richiesta di un indennizzo per ingiusta detenzione ex art. 314 c.p.p consegue ad una sentenza di assoluzione che accerti la infondatezza della ipotesi accusatoria all’esito del giudizio di merito. Tuttavia, prosegue la Suprema Corte, se la sentenza di assoluzione costituisce presupposto necessario per poter avanzare l’istanza di riparazione, essa non è sufficiente ai fini dell’accoglimento, che si realizza laddove l’interessato non abbia dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare con dolo o colpa grave.

In particolare si avrà condotta dolosa non solo nel caso in cui la stessa sia volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali (indipendentemente dal fatto di confliggere o meno con una prescrizione di legge), ma anche qualora l’agente abbia posto in essere un comportamento consapevole e volontario che, valutato alla luce del parametro dell’id quod plerumque accidit, secondo le regole di esperienza comunemente accettate, sia tale da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della collettività.

Pertanto, il dolo viene ravvisato in tutte quelle ipotesi in cui l’imputato, nel corso del procedimento, abbia tenuto una condotta fraudolenta o pericolosa, tale da far ritenere sussistenti esigenze cautelari nei suoi confronti.

Si ritiene, invece, gravemente colposo il comportamento cosciente e volontario di chi per negligenza, imprudenza o trascuratezza o per inosservanza di leggi, regolamenti o discipline abbia reso prevedibile o evitabile, anche se non voluta, l’adozione della misura cautelare o la sua mancata revoca. Per esempio, la Suprema Corte ha ritenuto gravemente colposa la condotta di un soggetto che aveva reso dichiarazioni ambigue in sede di interrogatorio di garanzia o che aveva omesso di fornire specifiche circostanze non note agli inquirenti al fine di prospettare una logica ricostruzione dei fatti e demolire gli indizi di colpevolezza a suo carico.

Infatti, se è pur vero che il silenzio serbato durante l’interrogatorio non può costituire di per sé condotta dolosa o colposa, poiché riconducibile all’esercizio del diritto di difesa dell’imputato, è altresì vero che l’ingiustificato rifiuto di fornire elementi a proprio “discarico” può rilevare come comportamento doloso o colposo che ha concorso al mantenimento dello stato detentivo.

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