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Cronaca

Quattro anni in carcere, ma per Raffaele Sollecito nessun risarcimento: ecco perchè

Le motivazioni per cui è stata respinta la richiesta di 516mila euro per ingiusta detenzione. Sollecito è stato definitivamente assolto nel 2015 dall'accusa di omicidio della studentessa Meredith Kercher

In realtà, la giurisprudenza con interpretazione estensiva della disposizione ha ritenuto che l’ingiustizia formale della misura cautelare possa risultare anche da una valutazione ex post, compiuta alla luce delle risultanze probatorie acquisite nel corso del procedimento principale. Si pensi a esempio, al caso in cui, nel corso del giudizio di merito, il fatto dell’imputato venga diversamente qualificato e sia contestato un reato punito con pene edittali che non rientrano più entro i limiti previsti dall’art. 280 c.p.p. o all’ipotesi in cui la riqualificazione porti alla contestazione di un reato per il quale è prevista la procedibilità a querela di parte e la stessa non risulti presentata.

In entrambe le fattispecie descritte, costituisce condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione la circostanza di avere dato o concorso a dare causa alla misura cautelare per dolo o colpa grave.

Pertanto il giudice, nell’esaminare la richiesta presentata, dovrà necessariamente verificare che il soggetto indagato non abbia posto in essere una condotta dolosa o gravemente colposa che possa avere influenzato in maniera significativa il provvedimento cautelare emesso (Cass. pen., Sez. IV, 20 dicembre 2013, n. 1921).

La giurisprudenza ha interpretato il contenuto del dolo e della colpa grave facendo riferimento a parametri civilistici e non penalistici, sostenendo che la valutazione della condotta dolosa o gravemente colposa debba seguire non i canoni tipici del processo penale, ma i criteri civilistici che regolano e rapporti tra creditore e debitore.

Nel caso di specie presupposto per il diniego del riconoscimento dell’indennizzo è stato rinvenuto nella contraddittorietà delle dichiarazioni rese dal Sollecito nelle poche ore successive al ritrovamento del cadavere di Meredith Kercher, le quali avevano palesemente costituito degli indizi di responsabilità capaci di corroborare gli altri elementi che secondo gli inquirenti dimostravano il suo coinvolgimento nell’omicidio e nei delitti ad esso collegati.

In effetti, sul punto la Corte territoriale si è soffermata a lungo giungendo a ritenere che “se il Sollecito avesse detto subito, senza successive contraddizioni, che la ragazza (ndr la Knox) era rimasta lontana da lui nelle ore del fatto, ed avesse riferito in modo preciso l’ora in cui era giunta a casa sua nonché le condizioni, presumibilmente alterate o addirittura sconvolte, in cui ella si trovava in quel momento, la sua posizione processuale sarebbe stata sicuramente diversa, apparendo probabile che egli non sarebbe stato neppure indagato o comunque che, non ravvisandosi reticenza o mendacio nelle sue dichiarazioni, qualora indagato, le esigenze cautelari sarebbero state ritenute assenti o meno gravi, inducendo i giudici ad applicare una misura meno severa”. Parimenti le esigenze cautelari sarebbero apparse meno gravi se egli avesse evitato di fornire alibi subito smentiti, o se avesse spiegato le inconciliabilità delle proprie affermazioni con gli elementi emersi con certezza dalle indagini.

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