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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Furti in casa o in negozio: vietato pubblicare le immagini dei ladri in azione

Intervista all'avvocato Filippo Bianchini, specialista in questioni legate alla privacy e alla tutela dei dati personali

Esercizi commerciali, abitazioni, uffici. Sempre con maggior frequenza si incontrano telecamere di sorveglianza che riprendono tutto, dai volti alle targhe delle auto e, molto spesso, quelle immagini vengono diffuse sui social, magari da chi ha subito un furto, con il volto del ladro in bella vista e con un messaggio del tipo “attenzione, questa persona ha rubato a casa mia”. Un comportamento giustificabile, dettato dalla rabbia e dalla paura di aver subito una violenza, ma sbagliato e passibile di denuncia anche da parte del presunto ladro per violazione della privacy.

Per capire come stanno le cose, anche per quanto riguarda il semplice utilizzo degli smartphone e delle immagini che catturiamo ogni giorno, abbiamo intervistato l’avvocato Filippo Bianchini, avvocato cassazionista, svolge attività specialistica nei settori della data governance, della cybersecurity e del diritto delle nuove tecnologie, docente in corsi universitari ed è componente del Comitato Direttivo di ASSO DPO, del Consiglio Direttivo di AIP-ITCS e fellow dell’ISLC – Information Society Law Center.

Se pubblico la foto di una persona che si è introdotta in casa o in un locale per rubare ripreso dalle telecamere, commetto un reato o una qualche violazione?

“Sì. Una doverosa premessa: l’uso intenso di dispositivi video influisce sul comportamento dei cittadini. La diffusione di telecamere intelligenti e di smartphone con videocamere sempre più performanti, da una parte, e l’estrema facilità con la quale è possibile pubblicare video (anche tramite piattaforme online), dall’altra, ha trasformato molte persone in creatori di contenuti digitali e suscitato la ricerca dello scoop, talvolta a scapito del rispetto dei diritti di chi compare nei video.  La ripresa video, con o senza audio, costituisce un trattamento di dati personali in quanto le persone che entrano nello spazio monitorato sono identificabili in base al loro aspetto o ad altri elementi specifici; la stessa è, pertanto, soggetta alla disciplina in materia di protezione dei dati personali e alle altre disposizioni dell’ordinamento applicabili. Le immagini riprese non possono essere comunicate a terzi, al di fuori di quanto necessario per una denuncia-querela e per le relative indagini, né tantomeno possono essere oggetto di diffusione verso un numero indistinto di persone, come ad esempio mediante la pubblicazione via social. Tale comportamento, ove attuato, costituisce una violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali, con possibili sanzioni amministrative e penali ai sensi dell’art. 167 del ‘Codice privacy’ e obbligo al risarcimento del danno”.

Nella stessa ipotesi, posso comunque pubblicare foto o video con i volti oscurati?

“Questa domanda merita una riposta articolata. La gogna, mediatica o via social che sia, non risolve il problema della sicurezza pubblica – neppure di quella percepita – ed espone chi indebitamente pubblica foto o video a pesanti sanzioni, in mancanza di un’idonea base giuridica che legittimi tale trattamento. Le immagini devono essere fornite alle autorità competenti, mentre può essere molto pericoloso diffonderle verso un pubblico generico. Il regolamento (UE) 2016/679 (regolamento generale sulla protezione dei dati personali, GDPR) non si applica al trattamento di dati che non hanno alcun riferimento a una persona fisica: ad esempio, qualora un individuo non possa essere identificato, direttamente o indirettamente. È importante notare come, a volte, il mero oscuramento del volto può non risultare sufficiente, in quanto l’interessato potrebbe essere riconoscibile per alcuni segni particolari, come un tatuaggio, o alcune caratteristiche peculiari, come la voce o il tipo di camminata. Segnalo che nel caso di videosorveglianza privata, al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata previsto dall’art. 615-bis c.p., l’angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, con esclusione di aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, parti comuni delle autorimesse) o di terzi oppure, ancora, di aree aperte al pubblico, quali strade pubbliche o altre aree di passaggio”.

Posso fornire quelle immagini alle forze dell'ordine?

“Sì. Il trattamento dei dati personali da parte delle autorità̀ competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati, o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica, rientra nella direttiva (UE) 2016/680. È possibile fornire le immagini alle già menzionate autorità affinché compiano quanto necessario e previsto dal proprio ufficio. Forti dubbi sussistono in merito alla legittimità dell’obbligo, per i privati cittadini, di comunicare i dati relativi ai propri impianti di videosorveglianza”.

La presenza di telecamere deve essere segnalata?

“Sì. Ai sensi dell’art. 13 del GDPR, gli interessati devono sempre essere informati che stanno per accedere in una zona videosorvegliata, anche in occasione di eventi e spettacoli pubblici (e a prescindere dal fatto che chi tratta i dati sia un soggetto pubblico o privato. Discorso a parte meritano le telecamere finte o non funzionanti. In questo caso la normativa sulla protezione dei dati non si applica, in quanto non vengono elaborati dati personali. Tuttavia, secondo il Garante (Provvedimento generale del 29 aprile 2004) le telecamere «l’installazione meramente dimostrativa o artefatta […] può determinare forme di condizionamento nei movimenti e nei comportamenti delle persone in luoghi pubblici e privati e pertanto può essere legittimamente oggetto di contestazione», con possibili conseguenze di responsabilità in capo al soggetto che abbia deciso di installarle”. 

In quali altri casi si viola la privacy delle persone sui social o sulla stampa?

“Per ciò che concerne l’attività giornalistica, il 29 novembre 2018 il Garante ha pubblicato le ‘Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica’, disponibili a questo collegamento: https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9067692. Tra i principi, viene ricordata la tutela del domicilio, il dovere di rettifica rispetto a errori e inesattezze, la essenzialità dell’informazione, la tutela della dignità delle persone (con specifico riferimento ai minori, ai malati e al diritto alla non discriminazione). Per quanto riguarda, più in generale, le pubblicazioni sui social, occorre richiamare il fatto che le stesse sono destinate a una pluralità di individui, spesso non controllabili anche per mezzo delle condivisioni dei contenuti. Diventa, quindi, necessario come regola di ciber-etichetta chiedere e ottenere il permesso alla pubblicazione di foto e video qualora all’interno degli stessi compaiano intenzionalmente terzi, anche se amici, e non ripostare contenuti che siano lesivi della dignità personale”.

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