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Cronaca

Schiave del sesso a Perugia, costrette a prostituirsi lungo le strade: "clan" a processo

Tutti rinviati a giudizio. Le accuse vanno dallo sfruttamento della prostituzione alla riduzione in schiavitù delle giovani donne costrette a vendere il proprio corpo

L’operazione della Mobile, coordinata dalla procura del capoluogo era scattata all’alba del settembre scorso, con l’arresto di cinque persone accusate di aver condotto un traffico di donne dalla Nigeria alla Libia, fino all’Italia per prostituirsi  L’indagine  era riuscita così a mettere le mani su presunta  una organizzazione criminale attiva anche a Perugia, riuscendo a svelare i retroscena della nuova schiavitù moderna. Ora, tutti e cinque gli imputati, accusati di associazione per delinquere, sfruttamento della prostituzione e riduzione in schiavitù. sono stati rinviati a giudizio dinanzi alla Corte d’Assise e per loro il processo inizierà il prossimo ottobre.

Dalla Nigeria alla Libia fino all’Italia. Gli imputati, in concorso con altri soggetti operanti in Libia e in Nigeria, avrebbero introdotto illegalmente nel territorio italiano una pluralità di giovani donne, anche minorenni, approfittando della loro condizione di vulnerabilità, gestendo il loro viaggio dalla Nigeria alla Libia fino a Perugia, dove sarebbero state costrette a vendere il proprio corpo per pagare i debiti di d'ingaggio.

Ma non solo. Avrebbero gestito i rapporti con le famiglie di origine delle donne trafficate imponendo la sottomissione del rito woodoo, le modalità di pagamento del debito di ingaggio, il collocamento dei territori di destinazione finale e lo sfruttamento della prostituzione.

Tutto era partito dalla denuncia di una giovane che in Questura aveva raccontato come uno degli imputati nigeriani le avesse proposto di venire in Italia per lavorare. La minorenne aveva così raggiunto le coste libiche alla volta della Sicilia a bordo di un gommone, poi da lì fino a Perugia dove era stata ospitata da una donna  in un appartamento a Fontivegge. Ma in quell’appartamento, dove vivevano anche altre ragazze sfruttate per pagare l’oneroso “debito di ingaggio”, anche lei era stata subito costretta a prostituirsi e anche picchiata. E se le ragazze provavano a ribellarsi, la “madame” le avrebbe minacciate: “quando tornerà a casa la picchierò con la frusta così imparerà a comportarsi bene”.  Gli imputati sono difesi dagli avvocati: Barbara Romoli, Cristian Giorni, Vincenzo Bochicchio e Francesca Fioretti. 

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