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Cronaca Borgo XX Giugno

Il Gay Pride di Perugia invade i Giardini del Frontone: " Siamo come voi"

Con lo slogan "Nessuno Escluso" si apre la IV edizione del Pride Village perugino, tra gli ospiti anche l’associazione che si batte contro le mutilazioni genitali

Dopo l’approvazione della legge sulle unioni civili in Italia, che conduce ad un primo grande passo verso il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali, siamo tornati al Pride Village ai Giardini del Frontone per capire cosa si sta muovendo nel nostro paese. Organizzato dall’Associazione Omphalos Arcigay e Arcilesbica dell’Umbria, questa quarta edizione ha come filo conduttore l’inclusione sociale e la non discriminazione, colonne portanti per la crescita di una società sana e democratica.

Intanto, a fare da anteprima all’apertura del Pride Village, ieri sera, venerdì 24 giugno, grande successo per la Notte Arcobaleno organizzata in collaborazione con l’associazione BorgoBello, che ha animato di colori e musica le strade di Corso Cavour e Borgo XX Giugno, una vicinanza che il quartiere cittadino ogni anno offre al Pride perugino grazie alle tante iniziative organizzate dai commercianti e dalle associazioni.

Ed è proprio in occasione dell’apertura del Pride perugino che abbiamo incontrato l’associazione “Intersexioni” che da qualche anno si occupa di un tema delicato ed anche molto poco discusso: quello delle persone intesex. A spiegarcelo sono proprio due militanti del collettivo: Greta Bilanzola e Alice Troise.

 “Il collettivo nasce nel 2013 ad opera di persone che si occupavano già di diversi aspetti dell’oppressione; le persone intersex sono coloro che hanno un sesso biologico che non rientra nelle definizioni di maschile e femminile, mediche e sociali. Sono persone che rischiano di subire fin dalla nascita interventi chirurgici ed estetici non necessari senza poter esprimere il loro volere. “Negli anni cinquanta, prosegue Alice, quando si è iniziati ad operare i bambini intersex, venivano di norma femminilizzati, ovvero veniva amputato l’organo genitale per fare in modo che assumesse caratteristiche femminili. Ma quando queste persone hanno iniziato a parlarne, la maggior parte delle volte non solo non erano “contenti” delle mutilazioni subite, con cicatrici e perdita di sensibilità, ma non erano a volte contente del sesso a loro assegnato”. Denunciavano tutti malessere e vergogna, ma si raccomandava anche di nascondere la loro storia medica e il loro reale sesso biologico”.

“Le persone stanno ora prendendo parola su questo aspetto della medicalizzazione forzata e chiedono di poter avere sui documenti il sesso che ritengono opportuno ma soprattutto che si parli di questo argomento:  che si sappia che esiste anche qualcos’altro oltre il genere maschile e femminile”

Si stima in Italia una percentuale di 1 su 200 di persone intersex; . “Abbiamo spesso dato assistenza anche ai genitori, che non erano preparati o non sapevano come comportarsi”.

Cosa definisce una persona alla nascita intersex? In ambito medico si parla di DSD (disturbo dello  sviluppo sessuale, “noi preferiamo diversità dello sviluppo sessuale, sottolinea Alice. Può dipendere da cromosomi, ormoni, ma riguarda il corpo biologico e non l’identità di genere”.

“Vogliamo che le persone abbiano consapevolezza. Si parla tanto di mutilazioni genitali femminili in altri paesi, ma anche qui vengono praticate, chiediamo solo di fermare gli interventi non consensuali perché questo viola l’autodeterminazione sul proprio corpo. Ma invece di lavorare contro le discriminazioni, si lavora contro le differenze È un argomento poco dibattuto perché l’educazione sessuale è totalmente binaria: maschio e femmina, e culturalmente viene rinforzata questa idea”.

C’è una legge di Malta del 2015 che vieta interventi chirurgici non necessari su persone intersex, “iniziare a parlarne è già un buon punto di partenza, ma in Italia siamo lontani. I futuri genitori però dovrebbero essere preparati anche su questo aspetto”.

E sull’argomento di identità di genere, l’Omphalos ha vinto una piccola ma importante battaglia: all’Ateneo dell’Università di Perugia, spiega il presidente dell’associazione Emidio Albertini, è passato in Senato accademico il regolamento secondo cui uno studente o una studentessa transessuale, possono chiedere di avere il libretto universitario con il nome scelto e non con il nome di battesimo, questo per permettere di poter affrontare la propria carriera universitaria con il genere verso il quale si identificano e si riconoscono e non in quello in cui sono nati. Un grande successo per noi”.

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