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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Emergenza droga, Intercettati telefoni clan tunisini: "A Perugia si fanno soldi"

Nel giorno della conferenza stampa sull'importanza di avere un Centro Espulsione a Perugia, emergono particolari anche sul reclutamente dalla Tunisia dei pusher: la convinzione che nel capoluoggo umbro si possono fare soldi essendo una delle piazze della droga più importanti d'Italia

Il sogno di facili guadagni e la sicurezza di operare in una delle più ricche piazze della droga dell'Italia con un costante flusso di richiesta dello stupefacente che va ben al di là dell'Umbria. Pensano questo gli stranieri clandestini che decidono di lasciare la Tunisia - in particolare l'area di Tunisi - per seguire parenti, amici o più semplicemente ingaggiati dai clan in cerca di nuova mano d'opera per lo spaccio. 

Non è teoria. Ma sono le intercettazioni telefoniche che la polizia esegue regolarmente. La notizia è venuta fuori dalla conferenza stampa sul Centro Espulsione condotta dal segretario del Pd Franco Parlavecchio e dal sindacato Siulp: "Nelle nostre indagini ascoltiamo intercettazioni e storie che ci parlano di Perugia percepita come una città dove si possono fare i soldi con la droga, - specifica un agente - bisogna aprire un dialogo con le autorità tunisine perché si riesca a far passare un messaggio diverso su Perugia".  Soldi veri che sono fatti dai capi e capetti dei clan mentre "la maggior parte dei piccoli pusher vive in veri e propri tuguri in situazioni igienico sanitarie molto precarie, molti sono destinati al carcere o a diventare tossicodipendenti". 

Secondo il Siulp "con il Cie in città il problema delle piazze di spaccio e dei pusher clandestini sarebbe arginato per una buona percentuale". La ragione riguarda un problema specifico di deterrenza maggiore rispetto a quella che è la manovalanza delle grandi organizzazioni, "lo spaccio in strada viene fatto il più delle volte da clandestini di cui il 90% Tunisini specie di Tunisi. Questa manovalanza poi ha raggiunto un livello criminale che li porta a reagire nei confronti degli agenti, perché consapevoli di un basso rischio. - spiega il sindacato - Una volta arrestato poi, lo spacciatore deve essere prima identificato e poi espulso e nessuno è munito di documento. Se per alcuni paesi extracomunitari, tipo l'Albania e il Marocco, attraverso accordi tra stati, l'iter d'identificativo è più semplice, per altri come Tunisia e Nigeria la cosa diventa più complessa e lunga, con pratiche che possono durare anche 5 mesi".

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