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Cronaca

Storie di lavoro malato: "Vi racconto 16 anni in un'azienda che mi ha rubato persino la stima di me stesso"

Pubblichiamo la lettera di un lavoratore umbro che è stata letta durante il convegno della Cgil "La crisi ci rende matti - Gli effetti del peggioramento delle condizioni di lavoro e di non lavoro sulla salute mentale". E' la dimostrazione di come di lavoro o senza lavoro ci si può ammalare a livello psichico

Pubblichiamo la lettera di un lavoratore umbro, un grafico, che ha raccontato la sua storia da precario e da lavoratore sempre con meno diritti in questi tempi di "crisi dove pur di lavorare bisogna accettare di tutto". Una storia lavorativa culminata con il licenziamento. Una storia che dimostra come la mancanza di futuro provoca sempre di più ripercussioni sulla salute psichica, crea un disagio crescente che va incidere anche sulla vita extra-lavoro. 

La testimonianza è stata lanciata dalla Cgil al convegno "La crisi ci rende matti - Gli effetti del peggioramento delle condizioni di lavoro e di non lavoro sulla salute mentale". E' importante ritornare a salvaguardare la salute nei luoghi di lavoro e curare chi ha perso il lavoro ed ha perso anche sicurezza in sè. Non si può lavorare a qualsiasi costo, perchè alla fine la si paga due volte: il lavoro perduto e la salute psichica pure. 

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Ho lavorato per 13 anni in un’azienda che dal gennaio 2016 non esiste più. L’esperienza più importante della mia vita. Li dentro ho visto accadere di tutto, davvero. 

Ho avuto a che fare con ottimi professionisti e pure con “gente” che non ha, a  tutt’oggi, la minima idea di cosa faccia per campare. Venivo etichettato come "abbastanza inutile" a detta di capi e top manager.

Sono un grafico, fui preso per impaginare e disegnare, per migliorare graficamente un prodotto. Non fu quasi mai così. Spesso mi veniva chiesto dal superiore di non pensare che tanto non serviva.

Ho passato 13 anni a essere il braccio, il monitor, il mouse di qualcun altro e a fare sopratutto cose inutili e incompatibili con il mio vero lavoro. Semmai avessi avuto un’idea questa non sarebbe stata presa in considerazione, oppure sarebbe stata trasformata/rubata. Ho ricevuto insulti, minacce, percosse (sì anche quelle). Più volte ho chiesto una regolarizzazione e mi sono sempre sentito rispondere che ero “fortunato” ad avere uno stipendio. Credo che mi abbiano infine regolarizzato a causa della prematura “esclusione” di un mio collega grafico, Precario come me, molto più bravo di me, ma assai meno fortunato. 

Nel tempo mi sono convinto che in fondo era il lavoro che meritavo e volevo, c’erano addirittura il pacco di Natale e la cena con il video aziendale a fine anno … wow un sacco di cose belle. ...

Ho saputo solo da pochissimo che la mia azienda non è mai stata in salute. Era solo uno un "bizzarro desiderio" di potere da parte dei proprietari. 

Questo sfizio divenne un peso, io e i miei colleghi ci riducemmo ad essere una spesa elevata alla voce uscite nel bilancio. 

Di conseguenza stop a panettone e cotechino, stop a cene fantozziane sul cocuzzolo della montagna, stop agli investimenti, stop alla qualità (col tempo diventata assai scarsa). Il mio reparto in pochi mesi da 6 elementi fu dimezzato e non fummo gli unici. L’idea che avremmo chiuso aleggiava e faceva chiasso. 

Poi… frasi… a caso e senza senso

  - “Euforiaaa... un nuovo proprietario vi ha comprati. E’ Ricco e impetuoso” 

  - “Il rilancio passerà per una iperproduzione massiccia”

 - “La rinascita ci trascinerà fuori da ogni crisi e ci renderà celeberrimi” 

  - “Dovete fare di più… tutti d’accordo?”

  - “Chi sono gli assenti oggi?”

  - “Se non vuoi la porta è quella” ...dicevano.

Di nuovo nulla fu così, anzi ci fu la guerra. Una guerra tra poveri, persa ovviamente da tutti. L’ho vissuta al margine, cercando di fare il possibile per non affondare dentro il nulla che avanzava. In quei sei mesi di super-NUOVO-lavoro prima della chiusura definitiva ho avuto problemi a relazionarmi anche con gli amici più cari. Ho creduto che Matrix, in qualche modo, fosse reale.

L’azienda non c’è più da un anno. Io ho ricominciato ad essere un grafico. Studio, mi aggiorno, provo a reinserirmi nel mondo del lavoro, vado avanti.

Questa esperienza mi ha fatto capire molte cose, una importante è che mi reputo un lavoratore serio e poi che mi è rimasta la percezione, purtroppo, che quello che faccio vale poco. 

Ma ci sto lavorando. Mai arrendersi.

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