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Cronaca

Muore soffocato per un osso di coniglio, tre medici alla sbarra: il pm chiede il rinvio a giudizio

Il giudice Avenoso in udienza preliminare ha accolto la costituzione di parte civile della famiglia della vittima. I medici del Pronto Soccorso sono accusati di omicidio colposo

Morire per un osso di coniglio. E' quanto accaduto a un paziente che nell'ottobre del 2014 si rivolse al pronto soccorso di un ospedale dell'Umbria e che ora vede alla sbarra, con l'accusa di omicidio colposo, tre medici. La procura (pm Giuseppe Petrazzini) ha chiesto per i tre imputati il rinvio a giudizio, mentre questa mattina, in udienza preliminare, il giudice Alberto Avenoso ha accolto la costituzione di pate civile della famiglia della vittima, rappresentata dall'avvocato Roberto Quirini. Rigettate invece le eccezioni avanzate dalla difesa e disposta la chiamata per i responsabili civili (Usl e compagnie assicurative). La prossima udienza è stata rinviata ad ottobre per la decisione del giudice. 

Secondo la procura uno dei tre professionisti del pronto soccorso (difesi dagli avvocati Filippo Teglia, Diego Lacchi e Paolo Momaroni), avrebbe disposto la dimissione del paziente alle 20.49, quindi 40 minuti dopo la visita, con diagnosi "di senso di oppressione alla giugulare", omettendo - si legge nel capo d'imputazione - l'effettuazione o la richiesta di ulteriori accertamenti idonei a rilevare la presenza di un corpo estraneo con conseguenti interventi idonei alla rimozione, prima dell'insorgenza della patologia letale.

La morte dell'uomo sarebbe infatti sopraggiunta per "distress respiratorio conseguente a mediastimte acuta originatasi dalla presenza di un corpo estraneo parzialmente perforante l'esofago". Un altro medico avrebbe invece omesso di effettuare la radiografia con proiezione laterale nei confronti del paziente, "indispensabile", secondo l'Accusa, per evidenziare il corpo estraneo non riscontrabile con la mera proiezione antero - posteriore e fornendo, di conseguenza, una risposta negativa errata. Questo avrebbe dunque determinato la mancata esecuzione di ulteriori accertamenti che avrebbero consentito una diagnosi tempestiva. Un terzo imputato infine, avrebbe omesso di richiedere l'intervento di uno specialista gastroenterologo o chirurgo per effettuare una endoscopia esofagea. Una serie di "errori" medici dunque, che avrebbero portato alla morte dell'uomo dopo neanche un mese a causa di quell'ossicino che gli ha perforato l'esofago. 

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