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Cronaca

Un altro colpo al portafoglio della criminalità: maxi sequestro di beni a un pregiudicato condannato per estorsione

Su richiesta della procura generale di Perugia, gli uomini della Finanza hanno sequestrato un patrimonio di 600mila euro a un pregiudicato, la cui sentenza di condanna è diventata definitiva nel 2014

Un altro duro colpo al patrimonio accumulato illecitamente, quello messo in campo dai militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Perugia. Su richiesta della procura generale di Perugia, gli uomini della Finanza hanno sequestrato un patrimonio di 600mila euro tra appartamenti, terreni, disponibilità bancarie e quote societarie, a un pregiudicato, la cui sentenza di condanna è passata in giudicato per reati di estorsione e gravato da precedenti anche nel settore del traffico di stupefacenti. L'uomo, di origine calabrese, aveva accumulato nel tempo un patrimonio provento dalla sua attività illecita. Le indagini sono state dirette e coordinate dalla procura generale di Perugia che ha delegato sia gli accertamenti patrimonionali sia l'esecuzione del decreto finalizzato alla confisca.

Il provvedimento di sequestro -finalizzato alla confisca e disposto dalla Sezione Penale della Corte d'Appello di Perugia, è stato eseguito nei giorni dai finanzieri: il pregiudicato, stabilmente residente a Perugia dal 2001 ed attualmente in carcere a Capanne, rientra nella lista delle persone condannate dalla Corte d'Appello e per le quali è possibile, anche in fase esecutiva, procedere agli accertamenti previsti dalla normativa per il sequestro dei beni. 

Cosa prevede la normativa Nel presentare i risultati dell'operazione - alla presenza del procuratore generale Fausto Cardella, del sostituto procuratore Razzi, del Comandante Regionale della Guardia di Finanza, Generale Sebaste, del Comandante provinciale, Colonnello Solombrino e del Comandante del Nucleo Polizia Tributaria, Colonnello Sarri - è stato sottolineato come la normativa sulla confisca dei beni si proponga proprio l'obiettivo di aggredire quel tipo di patrimonio illecito la cui provenienza non possa essere giustificata da parte di persone condannate per reati di grave allarme sociale. 

"Questo lavoro -spiega il procuratore Cardella - è stato possibile grazie a un lavoro di grande sinergia e senza la piena collaborazione della Guardia di Finanza questo lavoro non sarebbe stato possibile". Anche il sostituto procuratore Razzi, ha voluto sottolineare come questo tipo di operazione abbia un ruolo fondamentale "per l'aggressione ai patrimoni costituiti illecitamente: ovviamente ci vogliono dei presupposti, quali sentenze di condanna divenute definitive e soprattutto riuscire a ricostuire, in termini temporali, la situazione patrimoniale del soggetto e verificarla con le sue capacità reddituali". Ma le indagini, sono lunghe e complesse. "Ad esempio può essere schermata la titolarità di un patrimonio attraverso familiari, prestanomi, o terze società. Ed è qui che entra in gioco il lavoro certosino del nucleo di polizia tributaria con gli specialisti del "Gico" e dei componenti dell'Ufficio Generale, Coordinamento e Organizzazione (U.Ge-Co) che insieme hanno ricostruito il patrimonio ingente del condannato. 

Il procuratore generale Cardella, nel presentare i risultati dell'operazione, ha sottolineato come siano stati recuperati fin'ora dallo Stato ben due milioni di euro tra quote societarie e beni mobili e immobili, alcuni dei quali ubicati all'estero. 

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