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Cronaca

Lettere anonime, cartelloni offensivi e pacchetti di preservativi a studentessa, nei guai la bidella stalker

La donna avrebbe inviato missive realizzate con ritagli di giornale per avvertire il padre della ragazza di presunti comportamenti sessuali disinibiti. Per la Procura le oltre 50 lettere costituiscono un reato

Missive anonime realizzate con ritagli di giornali, cartelloni con scritte offensive e fotografie utilizzate come avvertimento. Sono gli elementi, raccolti nel reato di stalking, di una vicenda che ha portato in tribunale una donna, collaboratrice scolastica, e una giovane alunna.

La donna, difesa dall’avvocato Luca Gentili, è accusata di aver inviato alla ragazzina e al padre di questa, costituiti parte civile tramite l’avvocato Aldo Poggioni, una cinquantina di missive anonime scritte con i ritagli di giornale (letterine sparse sono rimaste in mano al pubblico ministero mentre presentava le prove al giudice), aver affisso un cartellone (nel quale replicava quanto scritto nelle lettere anonime, ma riconducibili a lei) nell’androne condominiale, delle foto e una confezione di preservativi con consigli sulla sessualità protetta.

Secondo la ricostruzione dell’accusa e della parte civile, tra la donna e la studentessa, complice la frequentazione della stessa scuola e di vicinato, si era stabilita una amicizia molto forte. Poi era accaduto qualcosa di non ben specificato, che aveva portato alla situazione attuale e al processo. Nelle missive, che una perizia riconduce alla bidella, indirizzate al padre della ragazza si potevano leggere delle rivelazioni sul comportamento sessuale delle studentessa (le parole utilizzate sono di tutt’altro tenore) e consigli al genitore sull’educazione da impartire alla giovane.

Secondo la difesa, che ha sottolineato come l’imputata sia comunque seguita dai servizi sociali, proprio queste sarebbero le intenzioni, seppur espresse in malo modo, cioè quelle di una madre che ha a cuore la reputazione di una figlia (sempre che le storie raccontate nelle lettere anonime siano vere).

Il giudice ha accolto le richieste di prova e di testimonianza e rinviato ad aprile del 2020, riservandosi una eventuale valutazione psichiatrica dell’imputata.

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