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Cronaca

Studente morto in casa, la lettera a un anno dalla tragedia: "Avrei voluto sentirmi dire che quella notte fu tutto un errore"

Il 12 settembre scorso, in un appartamento in centro a Perugia, veniva trovato il corpo senza vita di un giovane di 27 anni, Pierpaolo Serra. Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un'amica

Un anno fa, precisamente il 12 settembre del 2017, il corpo senza vita di un giovane studente veniva ritrovato all'interno della sua abitazione in centro, a Perugia. Quella stessa Perugia dove lui, da Soleto (Lecce) si era trasferito per intraprendere il corso di studi della facoltà di Medicina. Pierpaolo Serra è morto a soli 27 anni.

A un anno di distanza dalla tragedia, riceviamo e pubblichiamo la lettera di un'amica, che preferisce rimanere anonima.

Qualche notte fa ti ho sognato. Non è la prima volta da quando non ci sei più, ma è stata l’unica in cui avevo la consapevolezza che tu fossi morto. Eravamo nella tua vecchia mini scassata e guidavi con quel tuo modo maldestro e distratto, come sempre. Ridevi, scherzavi, inveivi contro qualche automobilista troppo lento per te; ma più tu parlavi, più io sentivo crescere la rabbia dentro di me. Non hai mai voluto che la tristezza ti appartenesse: la sminuivi sempre, come sminuivi te stesso.

Ma questa volta non potevo sopportare il tuo senso dell’umorismo, quell’apparente superficialità che sbattevi prepotentemente in faccia alle persone, come uno scudo alla tua enorme, estrema fragilità. Questa volta no, Pier. Con gli occhi gonfi di lacrime e lo stomaco in subbuglio ho voluto sfondare le tue difese.“Perché l’hai fatto? Che hai fatto Pier?”La risposta, Pier, purtroppo non me la ricordo, o forse non me l’hai voluta dare. Perché avresti dovuto, poi?

Avrei tanto voluto sentirmi dire che quella notte fu tutto un errore, un maledettissimo irreparabile errore. Con la tua solita faciloneria, come fosse niente. Una cosa da poco, una sbavatura nel calcolo, una piccola percentuale fuori posto.

Siamo tutti colpevoli della tua morte.Tutti, nessuno escluso. Chi non ha mai capito il tuo malessere. Chi l’aveva sottovalutato. Chi ti ha sempre giustificato. Il mondo intero è colpevole della tua morte: questo mondo che corre e lascia indietro i più deboli. Questo sporco mondo che giudica la diversità, stigmatizza la debolezza e ti carica di aspettative fino a farti scoppiare.

La fragilità non è ammessa in questo mondo di squali, Pier. Sapevi benissimo di essere un pesce piccolo, alla mercé dei predatori: eppure, ti piaceva girargli intorno e prenderti gioco di loro. Come tutti i pesci piccoli giocavi d’astuzia. Non credo che riuscirò mai a spiegarmi quello che è accaduto. Non me ne farò mai una ragione, perché una ragione non c’è.

La droga è un modo come un altro per fuggire dalla realtà. Una via semplice e veloce per sentirsi potenti, accettati, ribelli. Subdola si insinua nella vita delle persone, dispensando illusorie gioie e fugaci emozioni. Ti colpisce, ti fa compagnia, ti coccola, ti eccita, ti addolora e ti disgrega l’anima.

Nell’anniversario della sua morte, tutto ciò che vorrei dire, è che non è la droga ad aver ucciso Pierpaolo. Non è la droga ad averlo ucciso, perché contro quella non possiamo niente. Ad aver ucciso Pierpaolo, e come lui tanti uomini e donne, è la mancanza d’amore. E contro la mancanza d’amore, fortunatamente, possiamo fare tanto, possiamo fare tutto quello che possiamo: ascoltare, comprendere, costruire, riflettere e cambiare.

Ciao Pierpi.

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