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Cronaca

Lectio sulla cultura "mortificata", Montanari fa il pieno alla Goldoniana: sciabolate ai ministri Franceschini e Giannini

Una magistrale diegesi sui temi dell’arte e della cultura nazionale: contestualizzate “nel quadro delle logiche privatistiche che contrastano con l’impegno civile e l’articolo 9 della Costituzione repubblicana”. Atteggiamenti che definisce (“da cittadino, non da costituzionalista”), senza mezzi termini, “mercificazione dei beni comuni”.

Questa la sintesi della coltissima “lectio”, tenuta da Tomaso Montanari, alla sala Goldoni della Stranieri, tra una serie infinita di punture di spillo, stoccate di fioretto, sciabolate e colpi di machete. Contro quelli (e non sono pochi) che hanno in spregio la tutela del patrimonio pubblico e procedono perseguendo la colpevole privatizzazione dei beni comuni.

Sono di certo rimasti delusi quanti erano a giunti a Palazzo Gallenga (tra risolini e ammiccamenticomplici) confidando in prese di posizione a favore del NO referendario. Tema che il polemico e preparatissimo storico dell’arte fiorentino si è ben guardato dal toccare. Anche se qualche   punzecchiata al capo del governo non se l’è risparmiata. Nel merito, s’intende! Montanari parte dall’attualità delle rovine del nostro territorio. Definendo “uno scandalo” la constatazione di opere d’arte lasciate colpevolmente tra le macerie: l’8 settembre del patrimonio  artistico italiano.

Motivato e commosso l’omaggio a Ciampi che, in un memorabile discorso del 2003, ricordò il dovere di essere “custodi del patrimonio storico, artistico e paesaggistico nazionale”, in linea con le posizioni espresse da padri costituzionali come Piero Calamandrei. E – aggiungiamo da perugini – dal nostro Walter Binni, strenuo difensore dei beni culturali e della scuola pubblica.

Ironizza, Montanari, sulla creazione – ad opera del ministro Franceschini – dei “caschi blu dell cultura” che non si è capito chi siano e a quali compiti debbano corrispondere: semplici flatus vocis senza corpo.

Rimpiange e condivide la posizione del Longhi che auspicava l’insegnamento, nelle scuole, di due linguaggi: la lingua italiana e la storia dell’arte. Sferra un colpo – proprio nell’università che la vide rettore – al plesso solare del ministro Stefania Giannini la quale (in un’intervista recente) avrebbe improvvidamente dichiarato che uno dei problemi della scuola italiana sarebbero “le radici classiche troppo accentuate”. Idee ed espressioni che Montanari rispedisce al mittente, etichettandole come vuote e insensate.

E non manca la riflessione sul paesaggio, il cui valore non è semplicemente riconducibile alla sfera dell’estetica, ma si carica di valori morali, politici e civili. Specie quando è inscindibilmente legato alla compresenza viscerale con opere d’arte che per quel contesto sono state concepite. Una grande relazione che ha lasciato il fitto uditorio letteralmente estasiato. Per la caratura delle argomentazioni, oltre che per l’esposizione brillante e persuasiva.

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