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Cronaca

Arrestato più volte per droga, ma mai condannato: ha diritto al permesso di lavoro

Il Tribunale amministrativo annulla il provvedimento della Prefettura relativo alla regolarizzazione della posizione di uno straniero: era un lavoro fittizio per coprire lo spaccio

Arrestato più volte per droga, ma non condannato (il processo è ancora in corso), quindi il rifiuto del permesso di lavoro come collaboratore domestico da parte della Prefettura di Perugia è illegittimo.

È la decisione del Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria al quale si è rivolto un cittadino nigeriano, difeso dall’avvocato Caterina Bozzoli, contro il “provvedimento di rigetto della richiesta di emersione dal lavoro irregolare emesso dalla Prefettura - Sportello Unico per l’Immigrazione di Perugia”.

Secondo il ricorrente “il mero arresto subìto non sarebbe ostativo all’ottenimento del beneficio richiesto in assenza di condanna penale” e anche in caso di sentenza, questa non “sarebbe poi di per sé ostativa, dovendo l’Amministrazione effettuare la valutazione di pericolosità sociale come più volte affermato dalla giurisprudenza”.

Per la Prefettura, invece, “i diversi arresti per spaccio”, avvenuti anche dopo che era stata rigettata la domanda di emersione dal lavoro nero, fanno “risultare poco credibile la stessa attività lavorativa quale collaboratore domestico a Perugia” che sarebbe alla base delle domanda di emersione. La violazione “della normativa sugli stupefacenti”, per Questura e Prefettura, sarebbe “ostativa al beneficio dell’emersione”.

Per i giudici amministrativi, però, il “ricorso è fondato e va accolto”. Nonostante lo straniero “abbia subito” prima e dopo “l’impugnato diniego soltanto provvedimenti restrittivi della libertà personale, seppur per violazione della normativa sugli stupefacenti e dunque per condotte connotate dal massimo disvalore sociale”, non ha mai riportato condanne e la legge sulla regolarizzazione della posizione lavorativa, prevede come unica esclusione proprio la sentenza di condanna”per delitti contro la personalità o per delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato o per motivi di sicurezza nazionale”. E in questo caso non ci troverebbe di fronte a “gravi ragioni connesse alla tutela dell'ordine pubblico o alla commissione di reati particolarmente gravi, alle quali la legge connette una presunzione di pericolosità dello straniero”.

Da qui la decisione di accogliere il ricorso dello straniero e annullare l’atto della Prefettura.

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