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Cronaca

Fiera dei Morti, viaggio nella tradizione: il filo rosso che lega storia e location

L’espressione “Fiera dei morti” compare per la prima volta in un elenco di fiere e mercati annuali del 1821. Un documento a stampa del 1829 usa la stessa definizione e distingue la vendita delle merci in città, nel Corso Vannucci e nella via Nova, rispetto alla fiera del bestiame, da effettuarsi nello spazio sottostante la Rocca Paolina: lungo la tenaglia che procedeva verso Santa Giuliana e quella che sarebbe poi divenuta la piazza d’Armi.

La prima parte - Fiera dei Morti: viaggio alle radici della tradizione tra fede, commercio e storia di Perugia

Nell’Ottocento, in occasione della fiera, si svolgeva una grande tombolata in piazza Grande, con primo premio fino a  1000 e 1500 scudi, come ricorda nel suo “Diario” il Fabretti. Per i gaudenti, il teatro Morlacchi offriva “operette francesi” di dubbia moralità, contro le quali si scagliavano i giornali cattolici, ritenendo d’interpretare lo spirito dei benpensanti.   Altro spettacolo concomitante con la fiera era il circo, spettacolo popolare per definizione. Con le belve feroci e, almeno in un caso, un domatore al femminile. Come svago si proponeva, addirittura, il cinematografo.

A partire dal periodo post-unitario, la cronaca dei giornali può fungere da guida per seguire l’evento “Fiera dei Morti” in maniera capillare. È da precisare che la manifestazione continuò ad essere generalmente apprezzata dalla civitas perusina. Nel XVIII secolo, per motivi di pubblica igiene, il mercato del bestiame fu trasferito al Frontone. Per le merci, si cambiarono diverse sedi, specie quando l’afflusso di partecipanti aveva finito col saturare il centro storico e la piazza del Mercato (poi delle Erbe, del Sopramuro, Costanzo Ciano e Matteotti). Anche quelli che i perugini chiamano “Baracconi”, ossia il Luna Park, si rifanno ad una tradizione antica di giochi e svaghi popolari. Nobili e borghesi furono talvolta antagonisti della fiera che li disturbava. Anche perché non erano rare le proroghe di giorni e settimane, che impedivano loro di circolare liberamente con legnetti e carrozze. Gli stessi commercianti vedevano nella concorrenza delle bancarelle un elemento di disturbo.

Dopo il 1940 si tentò di mutare la denominazione, orientandosi verso “Fiera della Vittoria”, in relazione alla data del 4 novembre, data fatidica e conclusiva del primo conflitto mondiale. Fino al 1958, la fiera si tenne per le vie del Centro. Successivamente fu trasferita in Borgo XX Giugno. Nel biennio 1969/70 si svolse al foro boario di Prepo, separandosi dai Baracconi, che restavano in piazzale Europa. I perugini l’hanno conosciuta, nel 1971,  anche in via Ripa di Meana e via Bonfigli, prima della sistemazione attuale al Pian di Massiano, che fa capo al 1975. Ma ormai erano venute meno le ragioni commerciali, specialmente nel campo della zootecnia, tradizionale punto di forza dell’economia umbra.

Tuttora i perugini sono molto affezionati alla fiera, anche se si sono ridimensionate le motivazioni strettamente commerciali. Li muove la curiosità e l’affezione verso una tradizione che hanno assorbito fin da bambini e che continuano a trasmettere ai propri figli. Magari con un capatina ai vicini baracconi. Recentemente una parte della Fiera è stata trasferita in piazza del Bacio e al Centro storico. Finora i risultati non sono stati entusiasmanti. Ma potrebbe essere un modo per rivitalizzare le vie e le piazze del Centro, sfruttando al meglio anche la risorsa Minimetrò.

(2. continua)

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