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Cronaca

LA STORIA “Considero ogni giorno un dono: grazie al cuore artificiale”

Franco, 64 anni, perugino di Ferro di Cavallo, vive grazie ad un cuore artificiale, impiantato dai cardiochirurghi dell'Azienda Ospedaliera di Perugia.

“Considero  ogni giorno  un dono”: Franco, 64 anni, perugino di Ferro di Cavallo, vive grazie ad un cuore artificiale, impiantato dai cardiochirurghi dell’Azienda Ospedaliera di Perugia. Dopo la riabilitazione cardiologica, prima al S. Maria della Misericordia e poi nel centro specializzato di Veruno, in provincia di Novara,  il ritorno in famiglia, con l’obbligo di rispettare i consigli dei medici e di sottoporsi a costanti  controlli. 

“Due mesi dopo l’intervento chirurgico al cuore, desidero  testimoniare il mio grazie a quanti hanno avuto e continuano ad avere  cura della mia persona e della mia famiglia”. Accompagnato dalla moglie Dorotea, l’ex autista di autobus granturismo, che ha girato in lungo e largo per l’Europa, questa mattina  ha voluto salutare e ringraziare il Direttore Generale  Walter Orlandi per l’assistenza ricevuta in ospedale e per l’umanizzazione delle cure: “La mia storia clinica- dice all’ufficio stampa dell’Azienda Ospedaliera di Perugia- è iniziata venni anni fa quando ebbi un  infarto. Mi  fermo qui perché l’elenco dei miei problemi cardiologici e non, sarebbe troppo lungo. Sia al Policlinico di Monteluce, che al S. Maria della Misericordia, sono sempre  stato curato bene. Conosco il costo dell’apparecchio che mi è stato impiantato( circa 70 mila euro ndr) e di  tutte le altre cure e dico semplicemente  grazie a quanti hanno deciso di ridarmi la vita". 

Franco era stato operato dall’equipe cardiochirurgica  del Prof. Temistocle Ragni ( primo operatore Dr. Isidoro Di Bella, anestesista Dott.ssa Emilia Manini) due giorni prima del suo compleanno. Fino ad allora era stato ricoverato per un grave scompenso cardiaco nella struttura di Cardiologia e Fisiopatologia Cardiovascolare, dove i medici avevano individuato il trapianto come unica soluzione per la sopravvivenza. 

Due giorni dopo il trapianto il paziente venne  liberato dalle apparecchiature : era il giorno in cui compiva 64 anni, e in quella occasione fu concesso  ai due figli e alla moglie di salutarlo. “Ciò che più mi  ha colpito di questo lungo periodo in Ospedale - vuole sottolineare Franco - è la concentrazione degli  operatori sulla mia persona, le loro attenzioni : attorno a me si muove  una grande squadra composta da medici, personale infermieristico, tecnici che si muove attorno alla mia persona”. Lo interrompe la moglie: ”Anche  noi familiari proviamo sentimenti di riconoscenza verso gli operatori sanitari; ci sono  attenzioni che restano dentro  per tutta la vita, come quando la coordinatrice infermieristica Monia Ceccarelli  faceva la spola tra sala operatoria e sala d’attesa per riferirci come stava procedendo l’intervento. Quel suo modo di informarci, di condividere la nostra ansia sono impagabili”.  

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