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Cronaca Assisi

Fedeli e non turisti, il Tribunale amministrativo dà ragione alla Comunità di Bose

Il servizio d'accoglienza fornito in forma caritativa e ad offerta non si configura come attività alberghiera

Il Tribunale amministrativo regionale ha dato ragione alla Comunità di Bose: il servizio di accoglienza dei fedeli e delle persone in cerca di Dio non si configura come servizio alberghiero.

Il Comune di Assisi aveva ordinato “di cessare immediatamente l'attività esercitata senza titolo abilitativo in Assisi” sulla base di un verbale di ispezione della Polizia di Stato sarebbe risultato un uso diverso da quello consentito, cioè un’attività imprenditoriale nel settore del turismo e non l’accoglienza per gruppi di preghiera e per ritiri spirituali. La Comunità religiosa, assistita dall’avvocato Paolo Sportoletti, aveva fatto ricorso sostenendo che la struttura è una “casa di convivenza religiosa” e non un albergo, ribadendo “l’erronea qualificazione dell’attività esercitata come avente natura alberghiera, dovendosi invero ricondurre nell’ipotesi … case di convivenza religiosa in nessun modo assimilabili a strutture recettive di tipo alberghiere o extralberghiere”.

Secondo i giudici amministrativi il ricorso della Comunità appare fondato “in relazione alla doglianza a mezzo della quale si lamenta l’erronea qualificazione dell’attività in contestazione come avente natura alberghiera”. L’attività svolta nella struttura, per i giudici, “non può che qualificarsi quale esercizio vocazionale di ospitalità svolto secondo il mandato della c.d. Regola di Bose, in forza della quale i membri della Comunità Monastica sono animati da un profondo spirito ecumenico e da passione per l’unità della Chiesa e praticano con convinzione il ministero dell’ospitalità verso chiunque bussi alla porta della comunità al fine di condividerne la vita religiosa”, in assenza quindi “di ogni finalità latamente turistica”.

La struttura rientra nei canoni della legge regionale sul turismo nella parte in cui prevede “case di convivenza religiosa, in nessun modo assimilabile a strutture recettive di tipo alberghiere o extralberghiere ... anche in ragione della totale gratuità delle spese di soggiorno, che si estrinsecano in erogazioni puramente anonime e liberali a mezzo di cassetta per le offerte posta negli spazi comuni, con impossibilità di verificare chi e quanto abbia versato”. Da qui discende la pronuncia a favore della Comunità di Bose.

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