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Cronaca

La città che cambia: cittadella giudiziaria in PiazzaPartigiani? "No, ucciderebbe il centro, quello vero"

Continua il dibattito in città su favorevoli e contrari al progetto della cittadella giudiziaria nei locali dell'ex carceri. Un progetto che è stato rilanciato dal Governo, dopo le tante sollecitazioni del Comune, Regione e foro di Perugia. Ma c'è anche chi dice no... lasciare tutto com'è

“La cittadella giudiziaria a piazza d’Armi sarebbe una scelta esiziale per piazza Matteotti e via Mazzini, rinate a nuova vita commerciale!”. Questo il commento di un operatore economico che dice la sua sull’ipotesi, circolata in questi giorni, di riunire sedi e funzioni giudiziarie all’ex carcere di piazza Partigiani.

Gli chiediamo di spiegarsi: “La maggior parte degli avventori di bar, tabaccherie e negozi del centro – specie nel corso della mattinata – sono quanti, a vario titolo, frequentano il palazzo di Giustizia. Se togliamo la Corte d’Appello, sarà la fine: non avremo più interlocutori, clienti, avventori. Dovremo abbassare le saracinesche”.

È un dato di fatto che anche il palazzo delle Poste, ormai in gran parte adibito a uffici giudiziari, è popolato di impiegati e persone i cui interessi ruotano nell’ambito della giustizia. “Liberare il palazzo del Bargello e quello delle Poste per farne che?”, commenta un commerciante di piazza Matteotti. E aggiunge: “Mica penseranno di farci l’ennesimo centro commerciale? Per quello basterà il Mercato Coperto, riportato alle sue originarie funzioni, appena terminati i lavori di adeguamento”.

Commento amaro: “Non è questa la strada per riportare gente al centro: così si spoglia l’acropoli di funzioni e di vita. È già successo negli scorsi decenni: il processo, una volta avvenuto, è irreversibile”. Anche un alto magistrato perugino, in servizio nella capitale, condivide la preoccupazione. E ricorda che negli anni Cinquanta si pensò di edificare, a fini di giustizia, la zona dove sorge attualmente il parcheggio Pellini e commenta: “Per fortuna, non se ne fece niente!”.

Aggiunge inoltre: “Il carcere di piazza Partigiani è costruito secondo un sistema sul quale furono edificati degli edifici nella seconda metà dell’ottocento: si chiamava PANOPTICON (carcere ideale, progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham) perché consentiva di tenere tutto sotto controllo da una postazione centrale. Si tratta di uno schema rigido, assolutamente inidoneo a ricavarne aule e uffici di giustizia”. Pensiamo, tanto per dire, l’involontario umorismo del giudice che dice: “Ho udienza al quarto braccio”.

Superfluo ricordare, inoltre, che la gran parte degli studi legali si trova in adiacenza all’acropoli e che dunque l’attuale collocazione del palazzo di giustizia è perfetta. Oltre che porsi in linea di continuità con secoli di storia e identità. “Meno male – osserva un commerciante di via Mazzini – che il cosiddetto ‘protocollo’, sottoscritto di recente, è una semplice dichiarazione d’intenti, poco più che un auspicio. Anche se dovesse mai essere tradotto in fatti, col tempo di un ventennio e tutti i milioni da reperire, io e il mio negozio non ci saremo più”.

“In ogni caso, a me a parecchi miei colleghi – aggiunge – questa proposta pare un’enorme sciocchezza”. Un’ultima battuta sui costi per le casse municipali: “Se va via il palazzo di giustizia, i costi di manutenzione saranno a totale carico del Comune, mentre adesso, in buona parte, sopperisce il contributo statale. Insomma: spostare equivarrebbe a generare una catastrofe, anche finanziaria”. “E poi – constata amaramente – pare sia saltato pure il recupero delle sale Salara e Gotica che dovevano essere collegate alla costituenda biblioteca degli Arconi”. Insomma, il motto, nel rispetto della tradizione, sembra essere sempre l’antico brocardo: “quieta non movere… et mota quietare”.

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