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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Camper e roulotte non deturpano il paesaggio del Trasimeno, il Tar dà ragione ai campeggiatori

Annullate le prescrizioni della Soprintendenza che non voleva camper, roulotte e case mobili in un campeggio a San Feliciano

Soprintendenza e Comune di Magione vietano camper e case mobili nel Parco dei pini, ma la società fa ricorso al Tribunale amministrativo regionale e ottiene il via libera ad ampliare il campeggio.

La Soprintendenza ha autorizzato l’ampliamento del campeggio, ma con la prescrizione “al solo utilizzo di tende escludendo la collocazione di camper, roulotte, casette sia mobili che fisse”. Il Comune di Magione si era adeguato a tale prescrizione nel rilascio delle autorizzazioni.

La società titolare del campeggio ha impugnato prescrizioni e autorizzazioni al piano regolatore, sostenendo che la “Soprintendenza avrebbe unicamente la possibilità di valutare la compatibilità col vincolo paesaggistico dell’esistenza e consistenza del campeggio, non potendo spingersi invece a disciplinare e limitare le modalità di svolgimento della relativa attività”.

Per i giudici “l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper e (…) case mobili, può ritenersi (…) consentita in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti se sono diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee” in quanto non incidono sul territorio, trasformandolo in maniera “irreversibile o permanente”.

La “collocazione temporanea e stagionale” di strutture mobili da parte dei turisti “ben può ritenersi ininfluente sotto il profilo dell’assetto del territorio”, purché le strutture che ospitano i turisti “adempiano esclusivamente a finalità di alloggio transitorio, rimanendo in loco per la sola durata del soggiorno dei vacanzieri”. Cioè il concetto intrinseco delle vacanze in camper o roulotte. Strutture mobili quali “camper, roulotte e case mobili con ruote”, se sono “destinate ad una occupazione transitoria del suolo” non sono “incompatibili sotto l’aspetto paesaggistico, secondo i consueti ed esemplificativi criteri di deconnotazione ed alterazione del paesaggio, modificazione della morfologia, dello skyline naturale e dell’assetto percettivo e panoramico del territorio”.

Per questo la decisione della Soprintendenza appare come “una illegittima ed immotivata compressione dell’attività recettiva di parte ricorrente”, il cui ricorso va accolto, con annullamento di tutti gli atti e conseguente adeguamento del piano regolatore.

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