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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Scomparsa Barbara Corvi, 11 anni dopo in cella il marito: "Il tradimento è stato lavato con il sangue. E non era la prima volta"

La svolta nella giornata di oggi dopo la riapertura del caso avvenuta nel 2020 dalla Procura di Terni. I depistaggi, il precedente in famiglia e quell'ambiente omertoso-mafioso

"Il tradimento deve essere lavato con il sangue ed il corpo non deve essere mai ritrovato": è questa secondo gli inquirenti la regola "mafiosa" che è stata fatta propria da Roberto Lo Giudice, marito della povera Barbara Corvi scomparsa per sempre nel 2009 dalla sua casa di Amelia, in provincia di Terni. Una regola che il marito avrebbe fatto propria dopo un fatto identico scaturito sempre nell'ambito della sua famiglia. Correva l'anno 1994 quando Angela Costantino, prima cognata di Barbara Corvi e Roberto Lo Giudice, scomparve e anche lei, secondo la giustizia, ha pagato con la vita il tradimento al marito che in quel periodo si trovava in carcere.

 I misteri che avvolgevano le prime investigazioni sono stati chiariti anche grazie al contributo offerto da plurimi collaboratori di giustizia un tempo facenti parte del Clan Lo Giudice, per intenderci quelli delle bombe ai giudici di Reggio Calabria del 2010. La procura di Terni, tramite il magistrato Alberto Liguori, ha avuto il coraggio e la forza di riaprire un caso che era stato chiuso ma che continuava a gridare vendetta non solo in Umbria ma in tutto il Paese. Ed oggi la svolta: è stato portato in carcere il martito Roberto Lo Giudice, già iscritto nel registro degli indagati dal 2020.
Il movente, come per Angela Costantino, è stato la gelosia, insieme al fatto di spogliare dei suoi averi la povera vittima.

Lo Giudice per nascondere il crimine ha messo in campo una serie di depistaggi mirati che gli inquirenti ora sono sicuri di aver smacherato una volta per sempre: falsa la tesi dell’allontanamento volontario e il prosciugamento dei conto correnti di Barbara per garantirsi la fuga; manipolato il pc di Barbara per far emergere falsi rimorsi che spingevano per la pista di un suicidio prima della scomparsa; le due cartoline spedite da Firenze il 5 ed il 6 novembre 2009 da Barbara ai figli non sono mai state scritte e firmare dalla povera vittima.  

"Un’inchiesta - ha ribadito il magistrato Liguori - condotta tra reticenze, depistaggi e comportamenti omertosi nella migliore tradizione criminale". Ma siamo ancora all'inizio di una vicenda giudiziaria che potrebbe arricchirsi anche di altri avvisi di garanzia verso complici. E ora resta un tassello difficile da mettere in questo quadro investigativo che dovrà passare il vaglio della magistratura: dove si trovano i poveri resti di Barbara e anche di Angela? Due donne che meritano giustizia e anche un luogo dove pregarle e ricordarle.

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