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Ictus, in Umbra sei casi al giorno: ecco come prevenirlo

Si tratta della terza causa di morte in Italia, complice l'aumento dell'età della popolazione e un mix di fattori come ipertensione arteriosa, obesità, diabete, fumo, sedentarietà. L'associazione A.L.I.Ce. Umbria ODV fa prevenzione e informazione, offrendo anche screening gratuiti

L’ictus cerebrale è una patologia grave e disabilitante che rappresenta in Italia la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. Quasi 150.000 italiani ne vengono colpiti ogni anno e la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave. In Italia, le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 1 milione, ma il fenomeno è in crescita, sia perché si registra un invecchiamento progressivo della popolazione, sia perché tra i giovani è in aumento l’abuso di alcool e droghe.

“Conoscere l’ictus cerebrale e saper riconoscere velocemente i sintomi con cui si manifesta – dichiara la Prof.ssa Valeria Caso, neurologa presso la Stroke Unit dell’Ospedale di Perugia e Past President dell’European Stroke Organisation – è di estrema importanza perché consente ai medici dell’Unità Ictus di intervenire in maniera tempestiva e, di conseguenza, aumentare notevolmente le possibilità di recupero. L’intervento precoce è l’elemento chiave per consentire il miglior recupero possibile e per cercare di ridurre i circa 2.000 nuovi casi di ictus, poco meno di 6 casi al giorno che si verificano ogni anno nella nostra regione”.

In Umbria è particolarmente attiva l’associazione A.L.I.Ce. Umbria ODV, che si occupa di prevenzione e informazione su questa grave patologia, con iniziative di sensibilizzazione nei confronti della popolazione. Tra queste iniziative ricordiamo lo screening gratuito offerto sabato 14 dicembre.

“Iniziative di questo tipo sono fondamentali - dichiara Adriano Minelli, Presidente di A.L.I.Ce. Umbria ODV. La popolazione deve essere maggiormente consapevole che i fattori di rischio da soli e, ancora di più in combinazione tra loro, aumentano notevolmente la possibilità di essere colpiti da ictus. Otto ictus su 10 possono essere evitati seguendo stili di vita adeguati, attraverso un’attività fisica moderata ed una sana alimentazione. Non va dimenticato, inoltre, che l’ictus è, come tutte le malattie cardiovascolari e i tumori, una malattia multifattoriale, cioè dovuta alla concomitante azione di più fattori: ipertensione arteriosa, obesità, diabete, fumo, sedentarietà ed alcune anomalie vascolari e cardiache, come la fibrillazione atriale”.

Questa aritmia cardiaca, in particolare, è la causa di circa il 20% degli ictus ischemici e l’ictus da essa causato tende ad essere più grave perché l’embolo che parte dal cuore chiude arterie di calibro maggiore, con un danno ischemico a porzioni più estese di cervello. Chi è affetto da FA vede aumentare di 4 volte il rischio di ictus tromboembolico, che risulta in genere molto grave e invalidante; questa forma di ictus determina una mortalità del 30% entro i primi tre mesi dall’evento e lascia esiti invalidanti in almeno il 50% dei pazienti. E’ di fondamentale importanza, quindi, ‘intercettare’ più rapidamente possibile i pazienti con FA. Una volta effettuata la diagnosi, il passaggio successivo consiste nello stabilire la necessità di una terapia anticoagulante per ridurre il rischio d’ictus e nella identificazione di cause predisponenti sottostanti che spesso necessitano di cure specifiche.

Le nuove terapie della fase acuta (trombolisi e trombectomia meccanica), inoltre, possono evitare del tutto o migliorare spesso in modo sorprendente gli esiti, ma la loro applicazione rimane a tutt'oggi molto limitata per una serie di motivi. I principali sono rappresentati dalla scarsa consapevolezza dei sintomi da parte della popolazione, dal conseguente ritardo con cui chiama il 112 e quindi arriva negli ospedali idonei, dalla perdita di tempo intra-ospedaliera e, infine, dalla mancanza di reti ospedaliere appropriatamente organizzate.

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