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INVIATO CITTADINO Università di Perugia, che fine ha fatto Storia della Musica?

Intervista a Biancamaria Brumana, figura di riferimento e di prestigio internazionale, già ordinario di Musicologia e Storia della musica

Ma è mai possibile che in una città come Perugia, accanto a un importante Conservatorio con oltre 100 docenti, non sia possibile mantenere la tradizione di un insegnamento storico-musicale che esisteva all’Università di Perugia fin dal 1958, l’anno stesso della istituzione della Facoltà di Lettere e Filosofia?

Se l’Inviato Cittadino non si sbaglia, all’atto della sua fondazione, la Facoltà di Lettere e Filosofia era allocata in Palazzo Donini, oggi sede della Giunta regionale, poi in Palazzo Manzoni.

Protestano quanti seguono, e hanno a cuore, le vicende dello Studium e si mostrano (giustamente) scandalizzati per la quasi-abolizione dell’insegnamento della Storia della Musica.

Chiediamo a Biancamaria Brumana, figura di riferimento e di prestigio internazionale, già ordinario di Musicologia e Storia della musica (cessata dal servizio nel 2017), come stanno realmente le cose.
Risponde “In tutte le università italiane questo insegnamento è presente”.

Perché nella Vetusta, patria di Francesco Morlacchi, si va quasi ad abolire l’insegnamento?

“Dopo due anni di silenzio, riprende all’Università di Perugia l’insegnamento di Storia della musica, ridotto a 6 crediti formativi e per la sola laurea triennale in Beni Culturali, rispetto ai 24 e poi 18 crediti formativi, offerti in precedenza agli studenti dei vari corsi triennali e magistrali”.

Insomma: una concreta diminutio, un declassamento in chiave di importanza?

“La presenza di questo insegnamento ‘redivivo’ è il frutto di una laboriosa convenzione, fortemente voluta dal rettore dell’Università e dal presidente del Conservatorio. Gli studenti dell’università potranno scegliere fra ben tre corsi, tenuti da bravissimi docenti del Conservatorio perugino, ai quali va tutta la mia stima e gratitudine”.

Allora, tutto a posto? O non è tutto oro quel che luce?

“A ben guardare, l’oro si trasforma in metallo meno prezioso”.

In perugino c’è il detto “Oro sfugge e argento scappa: manca poco che nn’è latta!”. Ci spieghi bene come stanno le cose

“Due dei tre corsi proposti si tengono da gennaio a marzo, mentre gli studenti di Beni culturali sono invitati a manifestare il loro interesse per la disciplina entro il 28 febbraio. Di fatto, dunque, per uno studente che intenda prepararsi seriamente, la “scelta” si riduce al solo corso che avrà inizio a marzo”.

E l’insegnamento dove si terrà? Esistono problemi di logistica?

“Gli studenti si dovranno recare al Conservatorio che, seppure non troppo distante dal dipartimento, richiede un po’ di tempo per essere raggiunto. Ma questo non sarebbe un problema logistico (semmai di prestigio), approfittando dei ‘quarti d’ora accademici’ e considerando la giovane età degli studenti”.

Tutto qui, o c’è dell’altro?

“Gli orari di tutti e tre i corsi (che si tengono in un giorno alla settimana e non in tre, come è consuetudine all’università), però, coincidono con altre lezioni. Con buona pace dell'orario che i presidenti di corso di laurea stilano, con rigore e grande fatica, per consentire agli studenti di seguire le lezioni e di prepararsi adeguatamente, senza accumulare debiti formativi che penalizzano l’università.

 Ma allora – si capisce da quello che Lei dice – è un disastro. Riepiloghiamo: sospensione dell’insegnamento, desaparecido per ben due anni e rimesso in piedi… poco più che pro forma. Riduzione dei crediti formativi (adesso sono un quarto rispetto a prima), e dunque del valore e del prestigio della materia. Possibilità, di fatto, di seguire un solo corso a partire dal mese di marzo. Decentramento delle aule. Insegnamento in un solo giorno, anziché nei classici tre. Coincidenze e sovrapposizione degli orari…

Insomma: non era meglio abolire del tutto la Storia della Musica? Noi crediamo di no. Ma, di fatto, poco ci manca. Non è così che si preserva il prestigio culturale e musicale della Vetusta.

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