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"La Stella di Greccio", il film di Arnaldo Casali racconta la notte in cui san Francesco "inventò" il presepe

Il regista: "Non è un film pensato per i cattolici, e anzi la cifra stilistica è piuttosto trasgressiva perché, per la prima volta, la figura di Francesco viene trattata in chiave di commedia"

Greccio, Natale del 1223, san Francesco “inventa” il presepe. A 800 anni da quell’evento, quando in famiglia si approntano il presepe e l’albero, Arnaldo Casali, giornalista, storico, critico cinematografico, direttore di festival del cinema, ha deciso di fare un film.

Prodotto da ConfraTerni e Istess Cinema e interpretato da un vero frate francescano – Alessandro Brustenghi, celebre tenore al suo debutto come attore – il film è rigorosamente basato sulle fonti francescane, come la biografia di Tommaso da Celano e le memorie di Leone, Rufino e Angelo, “La Stella di Greccio” propone la figura di Francesco d’Assisi in una chiave totalmente nuova, scegliendo il registro della commedia per recuperare l’umorismo del santo che emerge fortemente dai ricordi dei compagni ma è rimasto “nascosto” fino ad oggi.

A 800 anni dal primo presepe, cosa racconta ancora quella storia?

“Racconta molte cose: sicuramente l'intenzione di Francesco, e cioè quella di immergersi nel mistero dell'Incarnazione. Un'incarnazione avvenuta nella Storia, non nel mito. E l'idea di un Dio che si fa bambino, dell'Onnipotente che si fa creatura imperfetta, ci insegna l'umiltà che ogni cristiano dovrebbe perseguire, e che sicuramente Francesco ha vissuto in modo profondamente radicale”.

Qual è il tuo punto di vista su quell’evento?

“Il mio punto di vista - e ancora di più quello del protagonista e del produttore, che sono due veri frati: Alessandro Brustenghi e Angelo Gatto - è senza dubbio religioso: non a caso viene esplicitata una profonda connessione tra natività ed eucarestia. Detto questo non è un film pensato per i cattolici, e anzi la cifra stilistica è piuttosto trasgressiva perché, per la prima volta, la figura di Francesco viene trattata in chiave di commedia, con molte scene comiche. Scene che, ci tengo a dirlo, non sono espressione di una lettura artistica, ma di studi approfonditi sull'umorismo del Santo, e saldamente ancorate alle fonti, in particolare alle memorie dei tre compagni più fedeli (Leone, Rufino e Angelo) scoperte a Perugia nel 1922”.

Cosa racconta il tuo film?

“Il film racconta tre giorni della vita di Francesco d'Assisi: il 23, il 24 e il 25 dicembre 1223. Si apre con la traversata del lago di Piediluco, prosegue con un pranzo molto particolare nell'eremo di Greccio e si conclude con la celebrazione del Natale nella grotta. In tutti e tre gli episodi Francesco si dimostra un autentico "giullare di Dio" dando prova di grandi qualità di attore e di regista!”.

Giornalista, scrittore, critico cinematografico, la regia è un punto di arrivo?

“Per me personalmente sì, lo è, perché fare il regista è un sogno che avevo sin da adolescente (ho girato il mio primo film a 17 anni!). D'altra parte, sin dall'adolescenza, il mio motto è 'meglio tardi che mai!'. Certo, non credo che questo film - a 48 anni suonati - possa rappresentare l'inizio di una carriera da regista, ma sicuramente tutto quello che ho fatto fino ad oggi io l'ho vissuto come un surrogato della regia cinematografica, un ripiego; questo lo devo confessare. Se fino ad oggi non avevo mai fatto il regista è perché la vita mi ha portato su altre strade, e io mi lascio sempre guidare dalla strada. E se non ho mai fatto un film autoprodotto è perché in tutto ciò che faccio cerco di essere professionale. I prodotti amatoriali e autoreferenziali mi mettono sempre una profonda malinconia: vanno bene quando hai vent'anni e vuoi entrare nel mondo del cinema, ma quando hai superato i quaranta e hai tutt'altro lavoro diventano una cosa patetica. Quindi pur covando questo desiderio nel cuore, mi sono limitato a realizzare documentari o a scrivere cortometraggi, quando se ne è presentata l'occasione. Anche in questo caso io inizialmente avrei dovuto solo scrivere la sceneggiatura. Poi il regista prescelto ha abbandonato il progetto, e io - come ho sempre fatto in vita mia - ho rivestito il ruolo del tappabuchi! Sono profondamente grato a padre Angelo Gatto e a tutto il gruppo di lavoro per la fiducia che mi hanno dato”.

Pensi che sia ancora attuale il messaggio che viene da quella grotta?

“Se pensiamo poi al Natale di quest'anno, di come nasceranno quest'anno i bambini a Betlemme, direi che è tanto più attuale. Così come è quanto mai attuale il Bambino Gesù profugo in Egitto... La natività - che il Presepe di Greccio ha fatto rivivere - è un radicale rovesciamento dei valori mondani: la gloria sta nell'umiltà, la ricchezza nella privazione, la potenza in un neonato”.

La Stella di Greccio, un film a 800 anni dal primo presepe

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