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#FerroGommaShow - Il destino e il futuro della ex-Fcu, il mondo accademico arriva per ultimo

Tram treno o metrobus? Riflessioni e considerazioni sul trasporto pubblico umbro e sulla Ferrovia centrale umbra

Dopo il riassunto del seminario tenutosi il 19 dicembre scorso sulla ex Ferrovia centrale umbra, arriva il momento di analizzare contestualmente i principali interventi riportati nella scorsa pubblicazione. Dato che già il riassunto aveva generato apparentemente qualche mal di pancia, se ne sconsiglia la lettura ad un pubblico non disponibile al confronto critico.

Anzitutto la formula scelta: il seminario, formula efficace per consentire a tutti di esporre le proprie proposte, ma alla lunga inconcludente dal punto di vista pratico. Se infatti l’obiettivo da conseguire è la realizzazione di un vero e proprio manuale sulla ex Fcu che (si spera) debba essere il Vangelo della politica, il fatto che in esso convivano visioni contrastanti slegate le une dalle altre, lascia forse troppo margine alla libera interpretazione. Pertanto l’obbiettivo (conseguito) di giungere alla redazione di un manuale delle eccellenze intellettuali, risulta ahimè poco pratico all’atto di indirizzare l’azione politica, e ancor meno per indirizzare l’opinione pubblica verso una via percorribile per superare le problematiche e giungere infine ad ottenere reali cambiamenti pratici.

Passando all’analisi degli interventi, non si può negare che, in un “mondo ideale”, chiunque vorrebbe vedere la propria città al centro di importantissimi progetti e copiosi finanziamenti. Ma nella realtà di tutti i giorni, quella dei malati barellati nelle corsie degli ospedali, o dei bambini che a scuola devono portarsi la carta igienica da casa per mancanza di fondi, forse, le visioni in grande stile sono ormai chiaramente sopravvissute alla propria utilità.

Lo sanno bene i pendolari della ex Fcu che, quando sentono parlare di fantastici progetti di super Tram che sfrecciano dentro e fuori l’acropoli di Perugia, si chiedono: “perché non abbiamo treni con tracce orarie adeguate”? Ovviamente se lo possono chiedere solo in Alto Tevere, perché nel biturgense e tra Ponte San Giovanni, Todi e Terni, i treni non li vedono proprio più da anni ormai.

Per l’ingegner Leonardo Naldini, mobility Manager del comune di Perugia, il problema sarebbe nel materiale rotabile. “Servono mezzi nuovi che abbiano appeal sulla gente. Abbiamo chiesto in giro se la gente vuole usare il treno e la risposta è stata che il mancato uso dei treni è imputabile all’anzianità dei mezzi ed alla mancanza di decoro degli stessi” – ha spiegato Naldini nell’introduzione con la quale proponeva un “Tram Treno” apparentemente in salsa alternativa del Tram Treno patrocinato dal presidente di Italia Nostra, architetto Luigi Fressoia, e dal colonnello Alessio Trecchiodi. In realtà quello proposto dal Naldini altro non è che una metro tramvia, sul modello di altre già esistenti sia in Italia sia in Europa. Ciò è evidente nell’attimo in cui ci si sofferma su una frase pronunciata dallo stesso ingegnere, che, riportando le specifiche norme di sicurezza ferroviaria ha spiegato che “non si possono far circolare treni e tram sugli stessi binari perché in caso di incidente il mezzo più leggero (tram) verrebbe devastato dal mezzo più pesante (treno), con ovvie nefaste conseguenze sui passeggeri del tram”. Quindi la soluzione sarebbe isolare tutta la tratta in opera della ex Fcu creando una nuova piccola ferro-tramvia umbra che corra da Città di Castello fino ai piedi della Rocca Paolina a Perugia.

Le domande che sorgono sono molte, a cominciare da quale sarebbe il campione di intervistati che avrebbero sentenziato che il mancato uso del treno sarebbe dovuto al materiale. D’altro canto al seminario non sono stati invitati rappresentanti dei pendolari e dei viaggiatori, quindi non si è potuto effettuare un confronto su questo tema. Eppure chi da anni si muove sulle rovine della ex – Fcu ha ormai incontrato abbastanza utenti della ferrovia da comprendere che ancor prima che l’anzianità dei mezzi, il problema è il loro decoro. “Ridateci il treno perché è più veloce” era infatti una frase ricorrente dopo la chiusura della ex Fcu. Ovviamente esiste una questione di anzianità del materiale rotabile impiegato, ma del resto le automotrici gemelle di quelle della ex flotta Fcu (oggi BusItalia) ancora oggi percorrono i binari d’Italia senza che questo sia elemento di disaffezione dei passeggeri nei confronti del mezzo su rotaia. Addirittura proprio le nostre automotrici della ex Fcu sono le uniche a percorrere la spettacolare ferrovia tra Umbria Lazio e Abruzzo fino a L’Aquila.

Tra l’altro l’idea di un “do ut des”, per cui si propone di migliorare l’appeal della ferrovia facendovi circolare mezzi moderni, ma al costo di scollegarla dal resto della rete, senza offrire alcun intervento strutturale, ma con la promessa di una futura rete tramviaria a Perugia, va contro quelle che sono le note richieste dei pendolari. Per i pendolari dell’Alto Tevere (ma anche per quelli del tuderte e del ternano) l’obbiettivo da conseguire è avere una infrastruttura ben più connessa. Pertanto il vantaggio di un maggior appeal presso il pubblico, e di ridotte spese di manutenzione, a prezzo di una ferrovia isolata, non pare riscuotere molto successo tra chi la ferrovia la usa ogni giorno (9 o la vorrebbe usare ogni giorno).

Ma non è solo una questione di pendolari. La questione di una tramvia a Perugia, come detto, avrebbe costi di centinaia di milioni di euro per meno di 4 km di linea, e almeno tre anni di incalcolabili disagi alla circolazione stradale lungo i principali assi viari di via Settevalli, via Mario Angeloni e via XX Settembre. “Questo è il prezzo del progresso” hanno commentato Fressoia e Trecchiodi, quasi a rispondere a chi ha chiesto loro di quantificare quanto sopra. La domanda è: la città è disposta veramente a pagare questo prezzo?

La risposta a questa domanda giunge da un altro progetto di mobilità urbana. Il Metrobus, cioè una rete di autobus veloci su corsie dedicate, vero e proprio “figlio” del Mobility Manager Naldini, è di fatto il pezzo forte del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile di Perugia. La stessa Perugia, che già ha problemi a gestire ed integrare un altro “progettone” come il minimetrò, che non ha mai messo a regime il sistema metropolitano di fermate costruito sia lungo la ex Fcu sia lungo la Foligno – Terontola, si ritroverebbe, in un “mondo ideale”, sia con il Metrobus che con il Tram Treno. Un po’ troppo forse per una città che non ha mai trovato neanche i 35.000 passeggeri al giorno necessari per portare in pareggio i bilanci del minimetrò.

Secondo il presidente di Italia Nostra, il Tram Treno può benissimo svolgere il compito del Metrobus e servire la città dall’Acropoli fino alla periferia di Capanne. Naldini sarebbe quindi disposto ad “sacrificare” il proprio figlio per adottarne un altro? E Perugia sarebbe disposta a vedere raddoppiare i disagi ed i costi di cui sopra? La risposta, ovviamente pare scontata. Così come è scontato che al momento entrambi i progetti siano ancora ben al di là dal concretizzarsi, sebbene il Metrobus goda, sulla carta, dell’indubbio vantaggio di essere un mezzo rispondente sia ad uno specifico bando intercettabile dal Comune di Perugia, che di essere un mezzo contemplato dalle normative nazionali in materia di circolazione e sicurezza.

Al netto di entrambi i progetti, è tornata alla ribalta anche l’ipotesi della pista ciclabile quale termine delle “sofferenze” della ex Fcu. L’ipotesi, sollevata dal professor Covino, si basa sul fatto che continuare a tenere in vita una ferrovia “zombie”, priva cioè di sistemi di controllo della marcia treni, e con relative pesanti limitazioni, sarebbe peggio che non chiuderla definitivamente. Seppur avvincente, l’ipotesi del “tutto o niente” si scontra con la realtà che vede passeggeri continuare a servirsi della ex Fcu malgrado si viaggi a 27km/h di media commerciale, e solo tra Ponte San Giovanni e Città di Castello. Pertanto l’ipotesi della soppressione non sembra fattibile, a meno di non sacrificare gli utenti che della ferrovia non possono fare a meno, e con essi il personale ferroviario e le istanze di interi territori. Tutto ciò senza contare il trascurabile dettaglio dei 60 milioni di euro recentemente investiti per il rinnovo dell’armamento ferroviario al costo di quasi un milione di euro al chilometro.

D’altro canto la pattuglia dei “pragmatici”, rappresentata da Mauro Fagioli e Vannio Brozzi (rispettivamente ex direttore ed ex amministratore di Fcu) ha proposto interventi infrastrutturali non certo indolori, prospettando tra l’altro che la natura della ferrovia metropolitana umbra non può essere cambiata, ma che va al contrario esaltata. Sembrerebbe che i due interventi siano in sintonia con le linee guida enunciate recentemente dalla presidente della Regione Umbria, Donatella Tesei, e dall’assessore ai trasporti regionali Enrico Melasecche. Notoriamente però, quando si tira in ballo la politica, essa chiede di avere idee semplici da proporre e da conseguire. Pertanto la profonda revisione strutturale auspicata da Fagioli, e i profondi interventi presso il nodo di Ponte San Giovanni auspicati da Brozzi, sono per loro natura interventi complicati il cui esito, positivo o negativo, dipende dal complesso formato da infrastruttura e servizi. Insomma non basta avere treni iper-tecnologici se essi corrono su infrastrutture obsolete (quando non inesistenti proprio), così come sarebbe difficile spiegare alla popolazione di aver potenziato le infrastrutture senza aver proposto mezzi nuovi che incarnino il rinnovamento. Insomma il pragmatismo, per essere efficace, deve trovare sponde e sbocchi presso gli amministratori locali, altrimenti si riduce a mera discussione accademica. Del resto l’Umbria esce da una stagione in cui, Frecciarossa a parte, non è stato fatto praticamente nulla, se non riaprire una tratta di Fcu a “mezzo servizio”.

In questo senso, una riflessione sicuramente interessante è stata quella affidata ai social da Rino Fruttini, noto esperto e progettista di mobilità cittadina, nonché un’altra delle voci lasciata fuori dal coro degli esperti chiamati ad intervenire.

“E' significativo come il mondo accademico arrivi buon ultimo, a constatare di quanto sia carente la mobilità nella nostra regione, rispetto alle potenzialità trascurate e addirittura mal governate delle rete ferroviaria. Andremo a leggere l'ennesima relazione di esperti di ‘bon ton’" nella consuntivazione di fenomeni anormali. Ma intanto la nostra provincia continua ad essere ai primi posti nella graduatoria nazionale del numero di auto pro capite” ha scritto pubblicamente Fruttini, lasciando intendere che, di questo passo, la motorizzazione privata sia ben lontana dal vedere svilupparsi valide alternative alla sua attuale, insostituibile funzione.


 

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