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Storie e curiosità perugine: ecco perché la chiesa sorta sul luogo del martirio di Ercolano è detta del "Comune"

Ma perché la chiesa sorta sul luogo del martirio di Ercolano (decollato, scuoiato e gettato dalla parte più alta del muro di via Marzia) è detta “del Comune”?

Ma perché la chiesa sorta sul luogo del martirio di Ercolano (decollato, scuoiato e gettato dalla parte più alta del muro di via Marzia) è detta “del Comune”? Perché è luogo sacro alla città, ma anche il più laico dei luoghi di culto. Sembra una contraddizione, ma è proprio così. Infatti – e non è elemento da trascurare – il Tempio di Ercolano non appartiene alla curia, ma al Sodalizio di San Martino.

Una chiesa che conobbe degrado e rovina di strutture e arredi, finché il Vescovo spoletino Napoleone Comitoli spese energie e denaro per tirare su quel tempio “collabentibus parietibus”, ossia con le pareti vacillanti. Il ritratto austero di quel prelato (foto esclusiva di Sandro Allegrini) è esposto nella controfacciata della chiesa e sembra osservare severo quanti, ancor oggi, godono del suo lavoro di restitutio ad integrum.

Una faccia che poco piaceva al poeta perugino Claudio Spinelli (fu pure presidente del Sodalizio) il quale ne parlò con ironia e rispetto nella poesia “’L quadro del vesco Comitoli”. Nelle stanze del Sodalizio, fra via Floramonti e via Marzia, dove Spinelli aveva il proprio ufficio di presidente, doveva esserci la copia del ritratto che sta dentro la chiesa (qui ripreso con un potente teleobiettivo). E Claudio, osservandolo, provava un po’ di timore. O fingeva di provarne.

“A San Martino, drent’a qu’i stanzone / c’èn tutt’i quadre d’i benefattore. / Avròn’ fatto del bene, ’n c’è quistione, /e i quadre ’ncò saron’ cap’lavore, / benzì si tu l’aguàrde de figura / hòn certi grugni che te fòn paura. // L’è visto quil Comitoli che faccia? / Dimme si ’nn arsumìa ta Magnafoco. / Cià quil’occhio sbalùco che t’aghiaccia / e la ciùma de un’ che scherza poco. / Ho la ’mpressione che quann’era Vesco / si nun’j’ giv’a genio stévi fresco!”.

Un ritratto in versi perfettamente coerente con la figura del vescovo e con l’ironia aguzza e sorniona del massimo poeta in lingua perugina.

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