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Martedì, 23 Aprile 2024
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Storie perugine - Quel frate malandrino e ladro che rubò il prezioso Santo Anello

E a quel frate ladro del Santo Anello, la chiesa perugina ha perfino dedicato un busto… a perenne memoria

A quel frate, disonesto e malandrino, ladro del Santo Anello, la chiesa perugina ha perfino dedicato un busto… a perenne memoria. Il busto a frate Winterio di Magonza si trova alla fine del chiostro maggiore  dei canonici della cattedrale, in adiacenza all’ingresso della Biblioteca  Dominicini. Sia chiaro: i perugini non lo sanno e non vanno a riverirlo. Per fortuna.

I fatti sono noti. Il 2 luglio 1473, un frate minore tedesco, Winterio appunto, scappò dal convento di Chiusi portando con sé l’anello sponsale della Vergine e del suo “virgineo sposo”. Si trattava di una preziosa reliquia, oggetto di culto e venerazione (anche se, logicamente, fasulla… come quasi tutte le reliquie).

Storie perugine - quel frate malandrino e ladro che rubò il prezioso e Santo Anello

Dopo vicende romanzate (in realtà pare si trattasse di furto su commissione, per rilanciare il turismo religioso della Vetusta) Winterio si rifugiò a Perugia i cui maggiorenti accettarono di buon grado la preziosa reliquia e fecero di tutto per tenersela. Il Santo Anello era in buona compagnia, dentro la Cappella della Confraternita, poi istituita da Bernardino da Feltre, nel 1487: accanto allo Sposalizio della Vergine del Perugino (a sua volta, poi, involato dai francesi), l’altare di Benedetto Buglioni e il prezioso tabernacolo argenteo del Roscetto. Non  staremo qui a ripetere la storia delle 14 chiavi e altre cose arcinote.

Sta di fatto che Perugia arrivò quasi al punto di scatenare una guerra con Chiusi e Siena, ma tenne duro e protesse la reliquia coi denti. Generose le ricompense per il frate: vitalizi, rettorato di chiesa, onori, come se fosse stato il più santo degli uomini. Ma non basta. Per ricordarne le epiche imprese e l’asserita “generosità”  (fu invece lautamente compensato dal Comune e dalla Chiesa) gli fu dedicato il busto, che oggi, per fortuna, i perugini… ignorano.

Il frate appare in tutta la sua lugubre bruttezza. E, sotto quel tondo, una scritta in latino recita (mentendo, in parte): “Fr. Winterius OM pronubum B(eatae) M(ariae) V(irginis) anulum Clusio Perusiam detulit a(nno) MCCCCLXXIII” (ossia: Fra’ Winterio dell’ordine minore che l’anello pronubo della Beate Vergine Maria portò da Chiusi a Perugia nel 1473”. Sarebbe stato più corretto scrivere “furatus est”, ossia “rubò”.

Nota (forse) non inutile. Si continua a sentire l’assurdità che in quella reliquia identifica l’anello sponsale che la Madonna (quindicenne) avrebbe portato al dito dopo la cerimonia. Falso! Basta guardare le dimensioni! Le cose stanno così: la liturgia ebraica prevedeva che gli sposi fossero uniti da un fazzoletto i cui lembi venivano fatti passare attraverso un anello, poi stretto, a simboleggiare unione di eterno amore. Non era, dunque, quello del dito. Come si può agevolmente comprendere.

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